Il ravvedimento operoso del contribuente deve essere ”totale”
La Corte di Cassazione con l’ordinanza 9 giugno 2011, n. 12661 ha statuito che, ove l’importo versato dal contribuente a titolo di sanzione ridotta, in virtù della procedura di ravvedimento operoso, non corrisponda a quanto effettivamente dovuto, il ravvedimento non è valido e l’Ufficio può esigere dal contribuente il pagamento della sanzione integrale. La questione prende origine dall’appello presentato da una società di persone presso la commissione tributaria regionale della Lombardia, la quale ribaltava la sentenza della commissione tributaria provinciale di Milano, che aveva disposto lo sgravio di una cartella di pagamento, in misura soltanto parziale. Il giudice di primo grado argomentava il mancato perfezionamento del “ravvedimento operoso”, a fronte del pagamento in misura inferiore al dovuto della sanzione comminata. La commissione regionale riteneva irrilevante il pagamento parziale, a fronte della volontà manifestata dal contribuente di regolarizzare la propria posizione fiscale nei confronti dell’erario. Per la commissione regionale, pertanto, anche un errore di calcolo sulla quantificazione della sanzione non invalida la procedura di ravvedimento, che perde la propria efficacia “solo quando non siano stati versati sanzioni ed interessi e/o quando non sia rispettato l’obbligo di contestualità dei versamenti dell’imposta, degli interessi e della sanzione”.
L’agenzia delle entrate ricorreva quindi ai giudici di Piazza Cavour. Gli ermellini accolgono il ricorso, sul rilievo che il D.Lgs. n. 472 del 1997, all’art. 13, comma 2, statuisce che la procedura di ravvedimento si perfeziona solo quando sia corrisposto tempestivamente ed integralmente il tributo, la sanzione, anche se nella misura ridotta, e gli interessi legali: il pagamento tempestivo ed integrale di tutti gli importi dovuti rappresenta una vera e propria condizione di perfezionamento dell’istituto del ravvedimento operoso. Conseguentemente, la sanzione prevista in caso di ravvedimento va comunque pagata in esatta conformità della previsione normativa, che la contempla in una frazione dell’importo di legge. La tesi contraria, accolta dalla commissione regionale, condurrebbe all’assunto, giudicato inammissibile dalla Suprema Corte, della rilevanza del pagamento di una qualsiasi parte della pur ridotta sanzione di legge. Per tali motivi la Corte ha cassato la sentenza oggetto del ricorso, rigettando l’originaria impugnazione del contribuente avverso la cartella di pagamento.