Il riesercizio del potere amministrativo è facoltà dell’Amministrazione
Anche ove non esplicitata in autonoma clausola, la facoltà di
intervenire, al fine di rimodulare con ulteriori prescrizioni il regime
autorizzatorio di un impianto a fronte di nuove sopravvenienze, è un
portato coessenziale alla diuturnitas della potestà amministrativa, che
mai si consuma e si esaurisce con l’adozione del provvedimento,
restando sempre aperta la strada del suo motivato riesercizio, fino al
confine più remoto del ritiro in autotutela dell’atto adottato.
Con
questa motivazione, fra le tante addotte, i Giudici di Palazzo Spada
hanno respinto il ricorso presentato da un soggetto che, vistosi
concedere un provvedimento autorizzatorio di modifica di un impianto di
attività produttiva con l’apposizione di prescrizioni non esistenti
nell’originario provvedimento di cui era richiesta la revisione, aveva
chiesto la riforma della sentenza del T.A.R. Toscana (Sezione II,
14.3.2008, n. 276) la quale aveva, a sua volta, respinto le doglianze
del ricorrente.
L’interpretazione offerta dal G.A., in questo
caso, comporta, come logico corollario, che ogni volta che si chiede
una modificazione di un preesistente provvedimento autorizzatorio,
l’amministrazione ritrova quel potere di valutazione dapprima, per così
dire, “perso” o “limitato” (o, anche, “compresso”)
nel suo esercizio, espletabile solo con gli istituti dell’autotutela o
della revoca del provvedimento amministrativo di cui alla l. n. 241/1990; la richiesta modificativa, in sostanza, scioglie l’amministrazione dalle maglie dei tipici istituti di “autorevisione” e porta alla complessiva e completa valutazione, ex novo, di tutti gli aspetti della domanda, senza che, dunque, la modificazione costituisca un vero e proprio petitum,
divenendo, invece, varco per l’ingresso di valutazioni nuove e, con
esse, nuove decisioni amministrative, dapprima non esistenti.