«Il rischio di nuove tasse è reale: dipenderà dai trasferimenti dallo Stato»
Un passo in avanti verso la riforma federale dello Stato? O
l’inizio di un nuovo percorso di polemiche e ostacoli? Chi ci guadagna, alla
fine, dal via libera al decreto sul fisco municipale? Lo abbiamo chiesto a
Massimo Bordignon, docente alla Cattolica di Milano, uno dei maggiori esperti
della materia. Più ombre che luci nel testo? «Sono contento che la cosa
sia arrivata in fondo ma mi dispiace molto per il metodo. Si è partiti con una
riforma approvata in modo bipartisan e invece si è giunti al traguardo con il
voto di fiducia. Le ombre, in ogni caso, coprono le luci: anche perchè non si
capisce ancora cosa succederà dopo». Della serie: una riforma ancora da
capire? «Ad esempio, si annuncia una nuova compartecipazione all’Iva ma
non si sa come sarà determinata e cosa accadrà dal 2014 con il fondo
perequativo. Io resto dell’idea che avremmo dovuto reintrodurre l’Ici perché
altrimenti si creerà un sistema in cui gli strumenti della finanza locale
saranno tutti a carico dei non residenti. Meno male che molte delle cose
previste dal decreto non scatteranno prima del 2014: quindi teoricamente c’è
ancora del tempo per mettere mano al provvedimento». Si metta nei panni
di un sindaco del Sud: cosa deve fare da oggi in poi? «Intanto capire
che ha qualche spazio di manovra in più sull’Irpef e può accedere alle banche
dati dei contribuenti e agli immobili non dichiarati: dalla lotta all’evasione
può avere un gettito maggiore di quello attuale. Ma tutto dipende dai
trasferimenti. Se tutto si ridurrà a un mero discorso di risorse, si capisce che
i trasferimenti non cambieranno: e già quest’anno i sindaci dovranno fare i
conti con un taglio di 1,5 miliardi». Ma non c’è il fondo di
riequilibrio? «Certo, ma anche qui bisogna andarci cauti. Dal 2014 i
sindaci incasseranno gli importi delle imposte che diventeranno comunali. Ma mi
chiedo: li prenderanno a prescindere dal taglio dei trasferimenti o no?».
A rimetterci, secondo i calcoli della Cgia, saranno sempre i sindaci del
Mezzogiorno. «La Cgia fa i suoi calcoli ma ricorda anche che sono sempre
al netto dei trasferimenti erariali». E sui costi standard della sanità
cosa accadrà? «Da quello che so mi pare ancora una soluzione
pasticciata. Prima si introducono i costi standard, poi scompaiono dal riparto
delle risorse che resta legato all’entità e all’anagrafe della popolazione,
criteri che invece in precedenza erano stati esclusi. E allora? Forse l’unica
certezza è che, specie al Sud, bisogna spingere a morte il pedale sulla maggiore
efficienza». Ma in definitiva il fisco municipale farà crescere la
pressione fiscale? «I conti secondo me sono stati fatti in maniera da
non modificare il carico fiscale complessivo. La pressione, cioè, doveva restare
invariata. Ma questo non significa che qualcuno ci guadagna o ci perde, come nel
caso dei proprietari delle seconde case. Poi dipende da cosa succede dopo: non
c’è niente da fare, se dai autonomia ai Comuni e poi tagli i trasferimenti non è
improbabile che aumentino le tasse. Non è in assoluto un male purché aumenti la
qualità dei servizi: ma questa resta un’incognita».