Il valore imponibile di Ici e Registro è pari a un terzo del prezzo effettivo dell’immobile
Un paese dove per il fisco gli immobili valgono un terzo, dove i proprietari hanno un’età media decisamente avanzata e dove l’evasione fiscale sugli affitti è una consolidata abitudine. Ma anche un paese dove le differenze di spazio abitativo a disposizione sono enormi, da 80 a 52 metri quadrati per abitante a seconda che si risieda in un paesino o in città. Sono solo alcuni dei dati nuovi emersi dall’analisi, giunta alla sua seconda edizione, dello studio «Gli immobili in Italia», presentato ieri a Roma da Gabriella Alemanno, direttore dell’agenzia del Territorio, e da Fabrizia Lapecorella, direttore generale delle Finanze, il cui dipartimento ha collaborato alla pubblicazione (ha partecipato anche Sogei). In Italia il valore medio di una casa è di 182mila euro (1.597 euro a mq). Il picco è in Liguria (2.750 euro/mq).
Anzitutto colpisce la macroscopica differenza tra i valori fiscali e quelli reali. Sia per quanto riguarda l’Ici, che per l’imponibile ai fini dell’imposta di registro (quello che si usa per le compravendite) siamo al rapporto uno a tre. Che in alcune regioni (si veda la tabella dal titolo: «Il rapporto», qui a fianco) arriva al 4,5, come in Trentino Alto Adige, dove evidentemente non ci si rende conto che le malghe dei pastori sono apprezzatissime seconde case, mentre il rapporto più favorevole al fisco è in Molise, dove il valore di mercato è poco più del doppio di quello catastale. Non molto diverso è il rapporto tra i valori Omi (quelli cioè registrati dall’Osservatorio immobiliare del Territorio) e quelli Ici: la media nazionale è 3,7 a uno.
Colpisce il confronto tra i valori locativi e la rendita catastale: qui siamo, come media italiana, sull’8 a uno, cioè la “rendita” attribuita dal catasto (e sulla quale si basano anche i valori Ici e Registro) è di otto volte inferiore ai canoni di locazione. Vero è che la rendita non deve corrispondere esattamente all’affitto medio ritraibile. C’è una diatriba sulla riforma del catasto, che divide gli studiosi tra quelli che vorrebbero un catasto di rendite e quelli che lo vorrebbero basato sui valori. In ambedue i casi, tuttavia, siamo lontanissimi dalla realtà e la tassazione immobiliare è, attualmente, basata su importi che andrebbero rivisti al più presto.
Anche sull’età media dei proprietari persone fisiche va registrato un dato importante: gli over 51 sono 13 milioni, contro gli otto milioni da 31 a 51 anni e solo un milione da 20 a 30 anni. Donne e uomini sono quasi in pari, ma la concentrazione geografica è nel Nord, dove risiede circa la metà, mentre al Centro e al Sud risulta un quarto dei proprietari per ciascuna area.
I dati del Territorio hanno anche registrato un successo, rispetto a quelli elaborati un anno fa: degli immobili di proprietà delle persone fisiche quelli di «utilizzo non ricostruito» sono passati dal 1,3 milioni a 367mila, e quelli «non riscontrati in dichiarazione» da 4,6 a 2,8 milioni. Il quadro diventa quindi molto più chiaro.
Rimane il dato più oscuro, quello degli «altri utilizzi». Posto che le abitazioni di proprietà delle persone fisiche che risultano locate sono 2,8 milioni e che le famiglie che dichiarano di vivere in affitto siano 4,3 milioni, anche togliendo la quota in edilizia residenziale pubblica (circa un milione) e le poche decine di migliaia in affitto in case di proprietà di persone non fisiche, restano almeno 500mila affitti in nero, da ricercarsi proprio tra quegli «altri utilizzi». Il vice ministro dell’Economia, Giuseppe Vegas, è ottimista: «Proprio perché gli immobili sono beni difficilmente occultabili è più semplice limitare l’evasione fiscale». Per Gabriella Alemanno, che ha evidenziato il progresso dell’elaborazione dei dati in possesso del Territorio dal 2009 al 2010, l’articolo 19 del Dl 78 rappresenta l’occasione per arrivare all’attestazione ipocatastale, «Una rivoluzione copernicana per cittadini e professionisti». Fabrizia Lapecorella ha ricordato gli aspetti sociali della ricerca, sottolinenado che i “rentier”, cioè coloro che vivono in prevalenza di reddito immobiliare, sono solo l’8% ma detengono il 18% della ricchezza immobiliare, mentre il 73% dei proprietari ha un reddito inferiore a 26mila euro.