Illegittima la compensazione delle spese non motivata: Tribunale Napoli, sez. VI civile, sentenza 10.02.2010
La giurisprudenza di merito del Tribunale di Napoli ci regala, con la sentenza in commento, una nuova occasione per riflettere in materia di poteri del Giudice, con espresso riferimento alla pronuncia di compensazione delle spese di giudizio. Si ricorderà, in proposito, il recente intervento della Cassazione (sez. II, ordinanza 22.02.2010 n° 4159).
Con la pronuncia in esame il Tribunale di Napoli, adito in appello dall’opponente di sanzione amministrativa vittorioso in primo grado avanti al Giudice di Pace, manifesta di aderire all’indirizzo espresso dalla suprema Corte nell’ordinanza n. 4159/2010, pur non richiamandola espressamente in motivazione.
Ed invero, nel caso in esame, il Giudice di Pace, pur accogliendo il ricorso in opposizione per carenza di prova della notifica del verbale opposto, dispone la compensazione delle spese di lite senza motivare la decisione.
Rileva il Tribunale di Napoli che, non ricorrendo, nel caso in esame, nessuna delle due ipotesi previste dall’art. 92 c.p.c ai fini della compensazione (soccombenza reciproca o esistenza di giusti motivi), l’esercizio di tale potere da parte del Giudice si risolve in un mero arbitrio lesivo del diritto alla tutela giurisdizionale contemplato dalla Costituzione.
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Anche ammettendo che il Giudice di Pace abbia compensato le spese sul presupposto che trattavasi di causa in cui il privato avrebbe potuto attuare una difesa in proprio, cioè senza l’assistenza tecnica di un avvocato, ebbene , anche questa motivazione sarebbe insufficiente ai fini di giustificare detta pronuncia, perché la difesa in proprio è una mera facoltà garantita al privato che, in quanto tale, può essere o meno esercitata in piena libertà da suo titolare.
Con la conseguenza che non si può imputare a colpa il mancato esercizio della facoltà di difendersi personalmente…e ,pertanto, non è consentito al Giudice sanzionare il detto mancato esercizio attraverso l’accollo delle spese”.
Il Tribunale evidenzia, infine, il senso dell’obbligo di motivazione imposto al Giudice affermando che, in carenza dei presupposti di cui all’art. 92 c.p.c., così come il mancato esercizio del potere di compensazione non richiede alcuna motivazione (dal momento che la giustificazione della mancata compensazione è ricavabile dalla carenza dei presupposti di legge), allo stesso modo il suo esercizio, per non risolversi in mero arbitrio, deve essere necessariamente motivato, nel senso che le ragioni in base alle quali il Giudice abbia accertato e valutato la sussistenza dei presupposti di legge devono emergere, se non da una motivazione esplicitamente “specifica”, quanto meno da quella complessivamente adottata a fondamento dell’intera pronuncia cui la decisione di compensazione delle spese accede”.
Alla luce di ciò il Tribunale di Napoli, accogliendo l’appello, riforma la sentenza di promo grado e condanna la PA resistente in primo grado al pagamento delle spese di entrambe i gradi di giudizio.
Tribunale di Napoli
Sezione VI Civile
Sentenza 12 gennaio – 10 febbraio 2010, n. 1601
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Napoli – 6° sezione civile – nella persona della dott.ssa **** in funzione di giudice unico
ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 12346 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi Civili dell’anno 2008, avente ad oggetto: appello , vertente
TRA
X. Y. elettivamente domiciliata in Casoria (NA) alla via De Gasperi n. 69 presso lo studio dell’ Avv. Giuseppe Billi dal quale è rappresentata e difesa in virtù di procura a margine del ricorso di primo grado
Appellante
E
COMUNE DI NAPOLI in persona del Sindaco p.t. e EQUITALIA POLIS s.p.a. in persona del legale rapp.te con sede a Napoli alla via Bracco n. 20
Appellati contumaci
Conclusioni: all’udienza del 16.10.09 l’appellante concludeva per l’accoglimento dell’ appello
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato X. Y. proponeva appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Napoli n. 51915 del 22.11.2007 depositata il 26.11.2007 resa nei confronti del Comune di Napoli e Equitalia Polis s.p.a. avente ad oggetto opposizione avverso al cartella esattoriale ************ dell’importo di euro 142,97 per il mancato pagamento della sanzione amministrativa di cui al verbale della Polizia Municipale di Napoli n. *********/2002 del 16.9.02 per presunta contravvenzione al codice della strada. Assumeva l’appellante che il Giudice di Pace pur avendo accolto l’opposizione annullando la cartella esattoriale impugnata compensava immotivatamente le spese del giudizio Preliminarmente va dichiarata la contumacia del Comune di Napoli e dell’Equitalia Polis s.p.a. ritualmente citati e non costituiti nel presente giudizio.
L’appello risulta fondato e va pertanto accolto.
Il Giudice di Pace ha pienamente accolto il ricorso della X. ed annullato la cartella esattoriale impugnata ritenendo che nessuna prova era stata fornita dai resistenti – attuali appellati in ordine alla notifica del verbale presupposto.
Non ha tuttavia motivato le ragioni della compensazione delle spese processuali.
L’art 91 c.p.c. prevede che il Giudice con la sentenza che chiude il processo condanna la parte soccombente al pagamento delle spese a favore dell’atra parte. L’art 92 c.p.c. prevedeva la possibile compensazione in caso di soccombenza reciproca o per la sussistenza di giusti motivi indicati nella motivazione Orbene nel caso in esame non essendovi soccombenza reciproca né essendo stati individuati o individuabili giusti motivi la parte soccombente doveva essere condannata al pagamento delle spese processuali. Il giudizio d’opposizione all’ordinanza ingiunzione, salva l’applicazione delle speciali disposizioni contenute negli artt. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981,infatti rientra interamente nello schema del processo civile, alla cui disciplina è soggetto senza esclusione delle disposizioni che disciplinano l’onere delle spese processuali
La Corte di Cassazione in recenti pronunce (cfr. Sentenza n. 23993/2007) a cui si aderisce ,pur riconoscendo l’esistenza di pronunce di segno diverso in materia di spese processuali e motivazione in ordine alla compensazione delle stesse ,con particolare riferimento tuttavia ad ipotesi analoghe a quella per cui si procede ha affermato che:
“Non si può, infatti, omettere di considerare come, se pure in ipotesi particolari qual è il caso di specie – laddove il cittadino è stato assoggettato ad esazione fiscale senza che ne ricorressero i presupposti in fatto, come pur riconosciuto dal giudice a quo, ed ha dovuto far valere in giudizio il proprio diritto soggettivo accollandosene le relative spese e, tuttavia, lo stesso giudice ha compensato le spese in dispositivo senza neanche accennare, in motivazione, alla ricorrenza di quei “giusti motivi” la cui valutazione lo stesso art. 92 c.p.c. espressamente pone quale presupposto della pronunzia di compensazione, giusti motivi obiettivamente non ipotizzabili per alcun verso nel caso concreto e non sostituibili dalla possibilità di difendersi personalmente – la compensazione delle spese venga a rappresentare una determinazione del tutto arbitraria e si traduca in una lesione dell’effettività della tutela giurisdizionale. Ed è anche il caso di evidenziare come con altre pronunzie recenti – e pluribus, Cass. 15.3.06 n. 5783, 25.1.06 n. 1422 – questa Corte abbia ritenuto il
legittima la compensazione delle spese anche ove, in casi analoghi a quello in esame, siano stati genericamente allegati “giusti motivi” laddove dalla motivazione della sentenza nessun giusto motivo potevasi desumere. Nella specie, il giudice ha compensato le spese solo in relazione alla possibilità di difendersi personalmente, senza considerare che il cittadino, con l’adire il giudice e con il farsi assistere innanzi ad esso da un professionista, ha esercitato dei diritti espressamente attribuitigli dall’ordinamento e garantiti dalla Carta fondamentale; onde risulta in contrasto con gli uni e con l’altra – oltre che con la razionale obiettiva considerazione delle difficoltà cui va incontro il cittadino stesso, inesperto non solo delle norme sostanziali e processuali, ma anche degli uffici e delle loro prassi, imputare a colpa il mancato esercizio della facoltà di difendersi personalmente innanzi al giudice, facoltà che, proprio in quanto tale, implica l’esclusione dell’obbligatorietà della condotta alternativa per espressa previsione del legislatore, e pertanto non è consentito al giudice sanzionare indirettamente e di fatto il detto suo mancato esercizio attraverso l’accollo delle spese. Per il che sembra, piuttosto, preferibile, nei casi quali quello di specie, aderire a quella giurisprudenza, se pure minoritaria ma recentemente ribadita da Cass. 1422/06 e 5783/06, per la quale il potere di compensazione delle spese processuali può ritenersi legittimamente esercitato da parte del giudice in quanto risulti affermata e giustificata, in sentenza, la sussistenza dei presupposti cui esso è subordinato, sicché, come il mancato esercizio di tale potere non richiede alcuna motivazione, così il suo esercizio, per non risolversi in mero arbitrio, deve essere necessariamente motivato, nel senso che le ragioni in base alle quali il giudice abbia accertato e valutato la sussistenza dei presupposti di legge devono emergere, se non da una motivazione esplicitamente “specifica”, quanto meno da quella complessivamente adottata a fondamento dell’intera pronuncia, cui la decisione di compensazione delle spese accede, onde la mancanza assoluta di motivazione, implicita od esplicita, della decisione di compensazione delle spese nei sensi sopra descritti integra gli estremi della violazione di legge (art. 92, secondo comma c.p.c.), denunciabile e sindacabile anche in sede di legittimità. Si possono anche richiamare, a proposito dell’effettività della tutela giurisdizionale, le pronunzie del giudice delle leggi nn. 419/95 e 26/99, mentre è da sottolineare come la tesi sopra accennata trovi riscontro anche nella motivazione della pronunzia 395/04 che non ha potuto estendersi al merito della questione in ragione dell’evidente inammissibilità della sua prospettazione nel caso concreto.”
La sentenza di primo grado va quindi riformata quanto alla statuizione sulle spese che vanno liquidate in mancanza di nota di parte in euro 10,00 per spese, euro 240,00 per diritti ed euro 300,00 per onorario, oltre IVA, CPA e rimborso forfetario spese generali come per legge.
Segue alla soccombenza la condanna degli appellati al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, nella persona della dott.ssa **** in qualità di giudice unico, provvedendo sull’appello proposto da X. Y. nei confronti del Comune di Napoli e dell’Equitalia Polis s.p.a. , così provvede:
A) Dichiara la contumacia del Comune di Napoli e dell’Equitalia Polis s.p.a.
B) Accoglie, per quanto di ragIOne, l’appello e per l’effetto in parziale riforma della sentenza n. 51915 del Giudice di Pace di Napoli resa il 22.11.2007 dep. il 26.11.2007 condanna il Comune di Napoli in persona del Sindaco p.t. e l’Equitalia Polis s.p.a in persona del legale rapp.te in solido tra loro al pagamento della spese del giudizio di primo grado che liquida in euro 10,00 per spese, euro 240,00 per diritti ed euro 300,00 per onorario, oltre IVA, CPA e rimborso forfetario spese generali come per legge con attribuzione al procuratore anticipatario.
C) condanna gli appellati in solido al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 30,00 per spese, euro 278,00 per diritti ed euro 300,00 per onorari di avvocato, oltre IVA, CPA e rimborso forfetario spese generali come per legge con attribuzione al procuratore anticipatario.
Così deciso in Napoli il 12/01/2010
Il Giudice
Depositato in cancelleria il 10/02/2010.