Una pioggia di notifiche sta per abbattersi su milioni di contribuenti, molti dei quali ignari”. L’ora X è già scattata: dal primo ottobre gli strumenti a disposizione di Equitalia Spa per il recupero dei crediti che lo Stato vanta verso i morosi si sono potenziati. E non poco: dalla cartella esattoriale immediatamente esecutiva – non c’è più il passaggio della notifica – al pagamento del debito entro 60 giorni e fino all’obbligo di versamento di un terzo del dovuto all’atto della presentazione del ricorso, il rischio è che “nell’arco di 90 giorni il piccolo imprenditore, l’artigiano o il lavoratore autonomo, ma anche il semplice cittadino, si trovino con la casa ipotecata, il conto corrente pignorato o le ganasce fiscali sui veicoli che magari utilizzava per lavorare”. Il tutto su un debito che nel frattempo è raddoppiato o triplicato. Risultato: tante nuove vittime della crisi economica e, sussidiariamente, dello Stato. “Badate bene che negli ultimi quattro mesi c’è stato uno stop nell’invio di notifiche”: Alberto Goffi, avvocato e consigliere regionale in Piemonte, da molti anni a fianco dei tanti disperati, vittime di Equitalia, lancia un sasso. Spieghiamo meglio: siccome dal primo ottobre il recupero è più agevole e “sicuro”, allora molte amministrazioni pubbliche (dall’Agenzia delle entrate, all’Inps, agli enti locali e varie amministrazioni statali) “hanno aspettato le nuove norme per andare a richiedere indietro i propri soldi, a ben vedere, remunerati oltre ogni regola di buon senso e giustizia.
In Piemonte soffre il tessuto produttivo – Per Goffi l’allarme è concreto: sono a rischio milioni di persone e centinaia di migliaia di imprese in tutta Italia, di cui 4mila solo in Piemonte. Una fetta consistente del tessuto economico e sociale potrebbe venire spazzato via: “Stiamo parlando di quelle piccole e medie imprese che reggono la quasi totalità della produzione nel Nord e una buona parte nel resto d’Italia”. E i metodi Equitalia, con i loro fattori moltiplicatori del debito attraverso un sistema di sanzioni e interessi (più gli aggi di riscossione che arrivano fino al 9,5 per cento), diventa un’arma micidiale. L’ampia esperienza che Goffi ha maturato tra i centri e le campagne del Piemonte accanto ai contribuenti morosi, condensata nel libro E’ qui l’Italia?, scritto insieme ad Antonio Lubrano e nato per finanziare un fondo di assistenza alle vittime di Equitalia, gli permette di dare la misura del fenomeno. “I numeri dicono che solo in Piemonte abbiamo 43mila ipoteche attive e 200mila persone in difficoltà”.
“Aziende in crisi colpa anche dello Stato” – E se è la crisi econonomica ad aver mietuto vittime, ancora di più rischia di affossarne lo Stato. “Molto spesso capita che le persone in bilico vantino crediti per servizi o lavori resi alle pubbliche amministrazioni: attività eseguite ma mai rimborsate”. In questi casi infatti la legge dice che i rimborsi debbano avvenire entro sessanta giorni ma come minimo passano sei mesi e si arriva a casi in cui imprenditori attendono anche 9 anni prima di vedere i soldi. “Un paradosso – spiega Goffi – da una parte lo Stato ti deve soldi, dall’altra ti ipoteca la casa perché tu non riesci a pagare le tasse. E’ proprio grazie a questi presupposti che molti si sono ritrovati con le casse vuote”. Ed Equitalia alle calcagna. “E non stiamo parlando di evasori fiscali – sottolinea – ma di persone che le tasse le hanno sempre pagate, eccome”. Osservazioni che non finiscono qui: se è vero che il 41% dei ricorsi dà ragione al contribuente, si capiscono le conseguenze pratiche dell’obbligo di versare il terzo della somma dovuta all’atto dell’opposizione: ma che norme sono queste?”, si chiede con amarezza Goffi.
Caso Sardegna: 80mila aziende rischiano la chiusura – Dal Piemonte alla Sardegna: stessa dinamica ma in un tessuto economico sociale differente. Perché nell’Isola l’indebitamento sembra essere di casa e non dal 2007-2008, anno della crisi dei mercati finanziari internazionali, ma ormai da decenni. Dalla Cassa del Mezzogiorno in poi, si può dire che l’indebitamento delle imprese sarde sia determinato storicamente. E se oltre all’atavica depressione ci si mette anche un certo gusto nell’accanirsi contro piccoli imprenditori e autonomi con partita Iva la frittata è fatta. “Sono 80mila le imprese che nell’Isola rischiano la chiusura grazie al malefico intervento di Equitalia”, spiega non dissimulando la rabbia Giuseppe Carboni, esponente del movimento indipendentista Irs ed esperto del fenomeno. “Non stiamo parlando di noccioline: la media nazionale di incidenza è del 12 per cento, quella della Sardegna è del 25”.
“Sterminio pianificato” – E dietro questo dato ci sono migliaia di famiglie che vivono con il fiato sospeso in attesa che qualcuno intervenga per scongiurare quella che sarebbe “una catastrofe economica e sociale”. “Il mio caso è emblematico – racconta Carboni -: attendendo i rimborsi dello Stato, mi sono trovato a non poter più pagare stipendi e contributi per i miei dipendenti. Situazione difficile: Equitalia mi ha ipotecato la casa, la banca mi ha tolto il fido e il pignoramento del conto corrente ha fatto il resto. Oggi ho un debito che cresce di 50 mila euro all’anno solo di interessi”. Per l’imprenditore, si tratta di “uno sterminio pianificato: interessi calcolati sugli interessi, si chiama anatocismo e succede solo in questo Paese. Senza contare che le cartelle con gli studi di settore errate sono quasi una su due”. All’arroganza di un sistema “iniquo e delinquente” si può rispondere? “E’ compito dei politici – non quelli nazionali che scientemente hanno dato a Equitalia gli strumenti, ma quelli regionali – scendere in campo e applicare l’articolo 51 dello Statuto della Sardegna secondo il quale la Regione può chiedere la disapplicazione di norme statali che arrecano danno al tessuto sociale ed economico del popolo sardo”, dice. Ma i consiglieri sono chiamati in causa anche contro i dirigenti di Equitalia che, dice il delegato Irs, “da noi rispondono solo alla regola del massacro, forse per ambizioni personali”.
Ricorsi al Tar e guerra alle violazioni – Intanto il primo ottobre ha portato la nuova normativa che consente all’agente di riscossione di essere ancora più “produttivo” (l’obiettivo fissato dal ministro dell’Economia Tremonti è di 13 miliardi di euro per il 2011). “Stiamo affilando le armi -: dice Carboni – la gente è intenzionata a ribellarsi. Noi dell’Irs – aggiunge – con un gruppo di avvocati ci stiamo preparando ad avviare una serie di denunce contro Equitalia per usura, visti gli interessi e gli aggi che vengono applicati ai debiti, ma anche per sfruttamento del lavoro perché i messi notificatori – e questo è un paradosso – sono assunti con contratti impropri e le firme che compaiono negli atti spesso sono fasulle”. Senza contare, spiega ancora, che Equitalia “non sembra collaborativa” nei confronti dei contribuenti che chiedono legittimamente l’accesso ai dati, magari in vista di un ricorso al Tar. “La risposta che dà l’ente è che ‘non c’è interesse diretto’. Ma scherziamo? E’ una violazione palese delle norme sulla trasparenza”, conclude Carboni.
Come si può stare tranquilli in Italia? Continuando a questo modo l’Italia andrà in tilt. Come possiamo essere tranquilli? chi ci mette la faccia è sempre un povero stracciato che discute con un altro povero stracciato. Guerra tra poveri? E poi come possiamo essere così pazienti? La forza pubblica penso non sia quella che tiene tranquilla gli animi degli italiani … E allora? Cosa possiamo fare per rendere più pulita ed accettabile questa bell’Italia culla di tante belle e buone cose nel passato e di incubi nel presente e nel prossimo futuro? e intanto una frotta di 70000 italiani lasciano ogni anno il patrio suolo per andare a vivere all’estero. Questo governo merita di avere a che fare solo più con gli stranieri, dei quali nono conosce lingua e costumi. Una vera babele per il futoro dei nostri governanti. o forse se ne fregheranno, come è loro solito fare? Il nostro presidente della repubblica era indignato del fatto che a barletta quelle povere 4 persone che lavoravano nel maglificio campavano con 4 Euro/ora. Questa è la realtà dell’Italia di oggi. Cosa pensa che sia il nostro substrato sociale. 15000 Euro al mese sono una vera e propria vergogna nazionale per quello che ci danno in cambio come vita sociale … Ave atque vale