Inchiesta mare pulito: blitz in Prefettura, Provincia e Regione a caccia di documenti sul reale funzionamento del depuratore di Cuma
Tre mosse nell’inchiesta sul mare pulito. Tre tappe, in una vicenda
giudiziaria che punta dritto a mettere a fuoco la gestione del
depuratore di Cuma, struttura decisiva per la «tenuta» delle acque del
litorale flegreo e domiziano. In poche ore, dunque, blitz in tre
palazzi – Prefettura, Provincia e Regione – a caccia di documenti in
grado di raccontare la storia dell’impianto di Cuma, dal suo
funzionamento alla sua gestione attuale. Attorno allo stesso tavolo, i
pm Lucia Esposito, Antonio D’Alessio, Pasquale Ucci, un pool di
magistrati coordinato dal procuratore aggiunto Aldo De Chiara. Non ci
sono indagati, è bene chiarirlo, né è possibile anticipare profili di
responsabilità penale, ma sul tavolo degli inquirenti ci sono spunti da
approfondire, che hanno spinto il nucleo di polizia tributaria della
guardia di Finanza ad agire con massima riservatezza negli uffici
napoletani. È da qui che parte l’inchiesta sul mare pulito, anche alla
luce del primo screening investigativo: poco interesse ci sarebbe per
il materiale acquisito in Prefettura e Provincia – enti che poco o
nulla hanno a che vedere con l’attuale gestione del depuratore – mentre
il focus dell’indagine sembra essere nei rapporti tra Palazzo Santa
Lucia e Hydrogest, società che da qualche anno assicura il
funzionamento dell’impianto cumano. S’indaga su appalti, regolamenti,
denunce presentate in questi anni. Ma anche su perizie e consulenze
legate al funzionamento della struttura di depurazione. Facile
interpretare le mosse degli inquirenti, almeno fino a questo punto:
accertare se sul funzionamento dell’impianto sono state sottolineate
delle criticità nel corso degli ultimi anni; se le consulenze
commissionate hanno raccontato tutto in materia di bonifica e
riqualificazione, se c’erano punti non affrontati nel corso di atti
ufficiali. Tanto che l’altro step dell’inchiesta riguarda la delega di
una maxiperizia a un biologo, che dovrà stabilire quali sono gli
standard di efficienza forniti finora dal depuratore di Cuma: una
consulenza che potrebbe risultare decisiva. È questo l’atto del pm che
potrebbe imprimere una svolta nelle indagini. Un’inchiesta che
ripercorre la falsariga di altri fascicoli aperti in questi anni dalla
sezione ecologia di Napoli: si parte da un dato puramente ambientale –
come nel caso degli impianti di cdr durante l’emergenza rifiuti in
Campania – per sostenere altre ipotesi d’accusa, dall’abuso d’ufficio
al falso e alla truffa. Ultimo aspetto da mettere a fuoco – almeno a
voler studiare le mosse della Procura – riguarda l’aspetto dei
finanziamenti: quali sono i rapporti tra pubblica amministrazione (in
questo caso la Regione) e Hydrogest? Quanto è stato investito in
termini economici per la gestione del depuratore?
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