Inesatta autocertificazione del reddito: nessuna truffa per esenzione dal ticket
Un’anziana, nel dichiarare il reddito al fine di ottenere l’esenzione dal ticket sanitario, aveva conteggiato soltanto il proprio, derivante da una pensione al minimo, omettendo di dichiarare il reddito percepito dal figlio convivente, che tuttavia non contribuiva ai bisogni della famiglia ed era prossimo ad uscire dal nucleo familiare in quanto promesso sposo.
I giudici di primo grado condannano la donna per i delitti falso e truffa. Per la corte territoriale di merito, invece, l’omissione non era stata supportata dal dolo, assolvendo la donna da ogni imputazione. La seconda sezione penale della Corte di Cassazione conferma la statuizione, dichiarando inammissibile il ricorso in sede di legittimità, che era stato proposto dal Procuratore Generale della Corte d’Appello di Napoli.
La Corte territoriale aveva considerato che l’imputata, nel dichiarare unicamente il reddito personale ed omettendo quello del figlio convivente, era incorsa in un errore nella dichiarazione, dove tuttavia mancava l’elemento soggettivo nel rendere false dichiarazioni, nella fattispecie il dolo.
Difettava la “consapevolezza […] di occultare il reddito del figlio al fine di trarre in inganno il destinatario della dichiarazione medesima e di conseguire illecitamente il beneficio dell’esenzione del pagamento del ticket sanitario, ritenendo, in via prioritaria, mancare l’elemento psicologico del reato, prospettando, solamente in via subordinata, un possibile errore, peraltro di fatto, dell’imputata”. Per la Cassazione siffatta valutazione non è affetta dal vizio di illogicità, bensì le argomentazioni del ricorrente Procuratore Generale suppongono una differente ricostruzione dei fatti, rendendo perciò non ammissibile il ricorso per Cassazione.