Infortunio sul lavoro, rendita in favore degli ascendenti superstiti
“Il diritto alla rendita per infortunio sul lavoro in favore degli
ascendenti superstiti, ex art. 85 D.P.R. n. 1124 del 1965, presuppone,
ai sensi del successivo art. 106, la c.d. “vivenza a carico”, la quale è
provata quando ricorrano contestualmente due condizioni: a) il
pregresso efficiente concorso del lavoratore deceduto al mantenimento
degli ascendenti mediante aiuti economici che, per la loro costanza e
regolarità, costituivano un mezzo normale, anche se parziale, di
sostentamento; b) la mancanza per gli ascendenti, di autonomi e
sufficienti mezzi di sussistenza, concetto, quest’ultimo, che richiama
espressamente l’espressione “mezzi necessari per vivere” di cui all’art.
38, comma 1, Cost. I due presupposti sono entrambi necessari e come due
facce dello stesso fenomeno.”.
Questo il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione che,
con la sentenza n. 29238 del 28 dicembre 2011, ha accolto il ricorso
proposto dall’Inail avverso la decisione con cui la Corte d’Appello
aveva ritenuto la sussistenza del requisito della c.d. vivenza a carico
sul rilievo dell’esistenza di una ragionevole certezza che il
lavoratore, morto per infortunio sul lavoro, avrebbe verosimilmente
contribuito, nel futuro, con il proprio stipendio al reddito familiare.
Per quanto riguarda l’apporto economico del de cuius – si legge nella
sentenza – la giurisprudenza della Corte di Cassazione è ferma
nell’escludere la necessità che il superstite fosse totalmente mantenuto
in tutti i suoi bisogni dal lavoratore defunto, richiedendosi tuttavia
che quest’ultimo abbia contribuito in modo efficiente al suo
mantenimento mediante aiuti economici che, per la loro costanza e
regolarità, costituivano un mezzo normale, anche se parziale, di
sussistenza e ritenendo sufficiente ad integrare il suddetto requisito
anche l’esistenza di un solo contributo conferito dal lavoratore, poi
deceduto, ai propri ascendenti, quando questo, tuttavia, sia idoneo ad
esprimere la prospettiva di una futura continuità.
I Giudici di legittimità affermano che, nel caso in esame, il giudice di
merito ha fondato la propria decisione, con riguardo all’esistenza del
requisito del pregresso apporto economico del de cuius, sulla base della
mera possibilità che un contributo economico, mai ricevuto
dall’ascendente, avrebbe potuto esserlo in futuro, ciò senza alcun
riscontro effettivo del fondamento di tale presunzione, non essendo
stato individuato alcun elemento da cui si potesse desumere, in termini
di ragionevole probabilità e non di mera possibilità, l’esistenza di
tale prospettiva e non potendo la stessa ritenersi presunta in via
astrattamente ipotetica poichè la legge richiede che il lavoratore, poi
defunto, abbia contribuito “in modo efficiente”, ovvero concreto e
efficace, al mantenimento del superstite privo di mezzi autonomi.