Ingannevoli le sigarette
ROMA – Che il marchio “lights” sulle sigarette fosse pubblicità ingannevole lo aveva già detto l’Antitrust, ma per la prima volta in Italia due giudici, uno a Portici e l’altro a Napoli, hanno condannato l’Ente tabacchi a risarcire una casalinga e un vigile urbano, fumatori di “leggere”. Mille euro a testa, per cominciare. Anche perché le cause intentate davanti al giudice di pace e al tribunale civile sono ormai una quindicina.
Nella sentenza, il giudice di pace di Portici, Carlo De Marco, scrive che il marchio “lights” aveva indotto in errore la signora Annamaria B. che, acquistando “Ms ultraleggere club”, pensava di fumare sigarette meno dannose. “Invece non soltanto la donna fumava di più ma non ha evitato la bronchite e altre malattie respiratorie”, spiega il suo avvocato, Angelo Pisani. Da ciò, secondo il giudice, deriva la responsabilità dell’Eti, come produttore delle sigarette in questione. L’Ente tabacchi è stato condannato pure per lo stress provocato dalla paura che la casalinga ha di ammalarsi in futuro.
A Napoli il giudice di pace, Antonio D’Ambrosio, ha sottolineato che la dicitura “lights” ha raggirato Salvatore P., che ingenuamente credeva di fumare sigarette meno nocive, subendo invece uguali danni personali e patrimoniali. Il giudice ha individuato un concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale da parte dell’Eti: come produttore e fornitore delle “Ms Lights” e in relazione al danno esistenziale da ansia e da stress “per la paura di contrarre in futuro malattie legate al fumo, che il ricorrente pensava di scongiurare o almeno ridurre ricorrendo a sigarette “leggere” e di cui si potrà provare la sussistenza e chiedere il risarcimento in separato giudizio”. Cioè al tribunale civile.
La vicenda è cominciata due anni fa, quando nello studio a Napoli dell’avvocato Pisani si è presentato un gruppetto di “fumatori lights” con tosse, bronchite, asma. “Tutti lamentavano di sentirsi truffati”. È partito così il ricorso all’Antitrust contro Philips Morris. Si chiedeva all’Autorità di pronunciarsi “sull’inganno, provato da diversi studi scientifici”. Il Garante ha condannato la multinazionale del tabacco fissando al 30 settembre 2003 il termine per la scomparsa dal mercato delle sigarette “leggere”. La sentenza qualche mese dopo è stata replicata dal Tribunale amministrativo del Lazio. Poi i primi due verdetti del giudice di pace.
“È adesso che comincia la vera battaglia giudiziaria per risarcire tutti coloro che in buona fede hanno ceduto alle promesse di quel marchio ingannevole. Queste due sentenze sono soltanto le prime”, dice l’avvocato Pisani. Annamaria B. e Salvatore P. diventano alfieri di una lotta che proseguirà al tribunale civile. Come è accaduto ad Annamaria Lupo, paladina dei non fumatori, impiegata in una banca di Aprilia che nel 1999 vinse la prima causa contro il fumo passivo.