Insulta il capo dandogli dell’«ignorante»: solo la prescrizione lo salva
La Corte territoriale ha ritenuto l’imputato colpevole; intervenuta la prescrizione, i giudici di legittimità rigettano il ricorso per quanto attiene agli interessi civili. Così ha deciso la Cassazione con la sentenza 7901/13.
Il caso
Il dipendente di una società è riconosciuto colpevole del reato di ingiuria per aver definito «ignorante» il proprio datore di lavoro. Ricorre lamentando il fatto che i giudici di merito non avrebbero valutato correttamente le deposizioni dell’offeso e dei testi; l’espressione usata intendeva semplicemente stigmatizzare il comportamento del datore, il quale ignorava che la moglie dell’imputato, in congedo per gravidanza, aveva diritto di ritirare i propri effetti personali.
A giudizio del ricorrente, gli atteggiamenti assunti dalla parte offesa nei confronti della coppia potrebbero fondare le esimenti della provocazione o della reciprocità. Rilevato che il reato è estinto per prescrizione, la Cassazione, pur riconoscendo il contesto di forte contrapposizione tra il datore di lavoro e i due dipendenti, ritiene che le censure siano volte, in sostanza, a proporre una ricostruzione della vicenda alternativa a quella operata in sede di merito e congruamente motivata. Per questo motivo, gli Ermellini annullano senza rinvio la sentenza limitatamente alle statuizioni penali, rigettando il ricorso agli effetti civili.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it