Integra reato la tesi di laurea “trasposizione grafica” di altro elaborato
Cassazione penale , sez. III, sentenza 12.05.2011 n° 18826
Sia il Tribunale che la Corte di Appello di Cagliari hanno valutato la tesi quale “trasposizione grafica” dell’elaborato di laurea di una altro studente, condannando la studentessa per il reato di cui all’art. 1 della legge n. 475 del 1925.
La Cassazione rigetta il dedotto il vizio di motivazione, richiamando il proprio precedente orientamento: la legge garantisce la “pubblica fede personale”, tutelando l’interesse alla genuinità di un elaborato che deve essere esaminato da una commissione incaricata di accertare che l’aspirante dottore sia in possesso dei requisiti per conseguire la laurea. La Corte non condivide la prospettata “natura compilativa” dell’elaborato, aderendo all’analisi svolta dal giudice d’appello, il quale ha rilevato gli elementi di identità tra la tesi prodotta dalla ricorrente e quella oggetto di copiatura, definendo la copiatura “pressoché integrale” e ritenendo “evidente la mancanza di originalità”.
La Corte condivide il secondo motivo di ricorso, dove l’imputata contesta la legittimità della sentenza per violazione del divieto di reformatio in pejus, cassando la sentenza senza rinvio, limitatamente alla cancellazione del diploma di laurea.
Il giudice di secondo grado, colmando un’omissione del Tribunale, ha disposto la cancellazione del diploma di laurea ai sensi dell’art. 5, comma secondo, della legge n. 475 del 1925, valutando tale provvedimento obbligatorio e consequenziale rispetto alla condanna, ed andando ad integrare pertanto la sentenza oggetto di appello. Le sentenze emanate dai giudici di merito accertano la falsa attribuzione dell’elaborato altrui in modo implicito nella motivazione, omettendo tuttavia la statuizione nel dispositivo. Entrambi i giudici di merito hanno omesso di disporre la pena accessoria dell’ordine di pubblicazione della sentenza di condanna, adempimento ritenuto necessario dal comma terzo dell’art. 5 della legge n. 475. Inosservanze tutte non rimediabili in sede di legittimità, in assenza di una specifica impugnazione da parte della pubblica accusa.