Integrazione documentale off-limits
Consiglio di Stato, sez. VI, decisione 6 novembre 2009, n. 6948
La massima
Concorso per
soli titoli – Bando che obbliga il concorrente ad indicare
analiticamente i titoli posseduti e ad accluderne copia se non in
possesso dell’ente procedente – È legittimo – Omessa dichiarazione e
allegazione nella domanda – Integrazione successiva – È inammissibile
Non contrasta col principio generale di non aggravamento del
procedimento il bando di concorso che obblighi, in maniera chiara e
tassativa, i concorrenti non solo ad allegare l’elenco specifico dei
titoli posseduti, ma anche ad allegarne copia alla domanda di
partecipazione, nel caso in cui gli stessi non siano già detenuti
dall’amministrazione procedente, dovendo l’esigenza di semplificazione
coniugarsi con quella di celerità della procedura selettiva. Né le
eventuali omissioni possono essere sanate ricorrendo all’integrazione
documentale, semmai utilizzabile al solo fine di regolarizzare o
emendare meri errori materiali contenuti in documenti o dichiarazioni
già prodotte.
La questione
La decisione in esame ha il pregio di coniugare in maniera concreta
ed attuale i principi generali di celerità ed efficienza che informano
l’agire pubblico con quello specifico della par condicio che
caratterizza le procedure concorsuali, ritenendo non solo legittimo il
bando che richieda al candidato di allegare alla domanda l’elenco
analitico dei titoli posseduti e valutabili oltre che una loro copia,
quando non già detenuta dall’amministrazione procedente, ma anche
negando che le relative omissioni possano essere emendate ex post
attraverso l’integrazione documentale , risolvendosi in un
inammissibile perfezionamento sostanziale dell’istanza originaria, in
pregiudizio degli altri concorrenti .
Il principio di non aggravamento del procedimento amministrativo…
L’obbligo imposto alla PA di non aggravare il procedimento se non
per straordinarie e motivate esigenze istruttorie, già costituente una
delle possibili declinazioni del principio costituzionale di buon
andamento, non a caso ha fatto positivo ed autonomo ingresso nel nostro
ordinamento solo con l’art. 1, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n.
241, costituendo lo specchio di un diverso modo di intendere il potere
ed il suo apparato burocratico e, soprattutto, la relazione tra questi
e i suoi interlocutori, quasi paritetica.
Come pure non è casuale
che tale criterio, così come quelli della trasparenza, dell’efficienza
e dell’efficacia pur coniati dal medesimo articolo, si è sviluppato in
tempi più recenti, grazie agli interventi di una giurisprudenza, anche
comunitaria, matura e particolarmente sensibile a limitare
l’indiscriminato uso del potere autoritativo, onde evitare la
compressione della sfera giuridica dei suoi destinatari oltre la misura
strettamente necessaria al raggiungimento del fine cui la norma
attributiva lo indirizza (c.d. principio di proporzionalità) .
Evoluzioni
pretorie che, dopo le modifiche introdotte dalla legge 11 febbraio
2005, n. 15, sono oggi recepite quali fonti regolatrici dell’attività
amministrativa in virtù della relatio mobile contenuta nel novellato
art. 1 citato (laddove rinvia per l’individuazione dei principi che
reggono l’azione amministrativa ai “principi dell’ordinamento
comunitario”).
Tra le misure assunte allo scopo di dare concreta
attuazione al criterio in esame, quelle che qui assumono fondamentale
rilievo sono, per un verso, la legge sulla semplificazione
amministrativa, legge 15 maggio 1997, n. 127, attuata col Dpr 20
ottobre 1998, n. 403, recante l’introduzione delle dichiarazioni
sostitutive di certificati e di atti notori che, soppiantando
l’istituto dell’autocertificazione – mai veramente decollato –
introdotto dalla legge 4 gennaio 1968, n. 15, ha applicazione
generalizzata ed efficacia durevole, purché svolta nel rispetto delle
forme previste dal Dpr 28 dicembre 2000, n. 445; e, per altro verso, il
codice dell’amministrazione digitale di cui al Dlgs 7 marzo 2005, n.
82, che, in uno al Dpr 11 febbraio 2005, n. 68 ed al Dpcm 2 novembre
2005, sulla posta elettronica certificata, segnano l’inizio del reale
snellimento dell’azione amministrativa, anche in ambito concorsuale .
Il
principio d’azione de quo ha poi trovato la sua naturale e
indefettibile corrispondenza nella riorganizzazione amministrativa,
improntata a flessibilità ed efficacia tanto a livello locale, con
l’art. 51 della legge 8 giugno 1990, n. 142, poi rifluito nell’art. 88
del Dlgs 18 agosto 2000, n. 267, quanto centrale, prima col Dlgs 3
febbraio 1993, n. 29 e, poi, con gli artt. 2 e seguenti del Dlgs 30
marzo 2001, n. 165, oggi oltremodo corroborato in parte qua dal c.d.
piano industriale della PA, di cui il Governo ha recentemente varato la
prima parte con il Dlgs 27 ottobre 2009, n. 150, in esecuzione della
più ampia delega ricevuta con la legge 4 marzo 2009, n. 15.
… e quello della celerità ed imparzialità
Nondimeno la garanzia del non aggravamento del procedimento (nella
duplice forma dell’autocertificazione e della semplificazione), posta
ad evidente presidio del destinatario della funzione pubblica, non può
trasmodare tanto da comprimere quella, altrettanto forte, della
celerità dell’azione amministrativa, cui si aggiunge quella
dell’imparzialità, riferibile non solo all’ente procedente, ma anche al
privato, quante volte sia portatore di un interesse opposto a quello
vantato dal soggetto che invochi il diritto ad avvalersi della
semplificazione ovvero a riparare alle omissioni in cui sia incorso,
avvalendosi dell’istituto dell’integrazione documentale.
Garanzie, quelle della celerità e dell’imparzialità, che
costituiscono il giusto contrappeso a quella del non appesantimento,
soprattutto nell’ambito delle procedure concorsuali, laddove è più
evidente il rischio che il prevalere della seconda si traduca
nell’ingiusto pregiudizio delle prime, pur di pari dignità.
Conclusioni
Tenuto conto di tali coordinate e del dato che la celerità
dell’azione della PA, soprattutto nella sedes materiae, è inversamente
proporzionale alla complessità del suo apparato burocratico e al numero
dei partecipanti, in maniera condivisibile la giurisprudenza ha trovato
il giusto punto di equilibrio tra le opposte esigenze, ritenendo
legittimi i bandi che obblighino i concorrenti ad allegare alla domanda
di partecipazione un elenco, separato ed analitico, dei titoli
posseduti, accludendone altresì copia, ove non già detenuta
dall’amministrazione procedente, non costituendo per essi onere
particolarmente gravoso o inesigibile.
Baricentro che non soffre la
destabilizzazione dell’istituto dell’integrazione documentale, rimedio
precluso quante volte il candidato non assolvendo agli oneri predetti,
incorra non già in irregolarità formali, quanto in vere e proprie
omissioni sostanziali ed originarie della domanda non emendabili, pena
la violazione della par condicio degli altri concorrenti, eventualmente
pretermessi nel caso in cui, successivamente allo spirare dei termini
di candidatura, altri aspiranti siano ammessi a produrre ex novo
documenti mai significati prima.
Tanto, si soggiunge, soprattutto
allorquando trattasi di concorsi per soli titoli, costituendo questi
l’unico criterio di comparazione, e per posti di particolare rilievo e
responsabilità, per ricoprire i quali anche a mancanze di tal genere
può attribuirsi una valenza sintomatica.
Il testo della decisione