Intercettazioni, Associazione nazionale magistrati: «un oggettivo favore ai peggiori delinquenti»
È «la morte della giustizia penale in Italia». Durissimo il giudizio dell’Associazione nazionale magistrati sulla riforma delle intercettazioni e le nuove norme sulla giustizia. Sono scelte legislative che il sindacato delle toghe bolla come «un oggettivo favore ai peggiori delinquenti». In particolare, le norme sulle intercettazioni «impediranno alle forze di polizia e alla magistratura inquirente di individuare i responsabili di gravissimi reati». In sostanza, dice l’Anm, è come se governo e Parlamento chiedessero «alle forze dell’ordine e alla magistratura inquirente di tutelare la sicurezza dei cittadini uscendo per strada disarmati e con un braccio legato dietro la schiena». I magistrati si dicono «sgomenti» che il Parlamento compia queste scelte proprio «in un momento in cui la sicurezza dei cittadini è evocata come priorità del Paese». Per l’Anm «è semplicemente assurdo pensare che si possano fare intercettazioni solo nei confronti del colpevole già individuato. Ed è del tutto irragionevole prevedere che le intercettazioni debbano sempre essere interrotte dopo 60 giorni, anche nei casi, come un sequestro di persona, un traffico di stupefacenti o di armi, in cui il reato sia in corso di esecuzione». Negativo il giudizio dell’Anm anche sulla riforma del processo penale in discussione in Senato. Una proposta che per il sindacato delle toghe «non introduce le riforme necessarie ad assicurare l’efficienza del processo e la sua ragionevole durata, ma addirittura inserisce nuovi, inutili formalismi, che determineranno un ulteriore allungamento dei tempi del processo». E contro la riforma delle intercettazioni si mobilita il mondo dell’editoria. Federazione nazionale della stampa italiana e Federazione italiana editori giornali firmano insieme un appello al Parlamento e a tutte le forze politiche contro un provvedimento giudicato anticostituzionale e chiedono le «necessarie correzioni», mentre il sindacato dei giornalisti pensa allo sciopero, a forme di disobbedienza civile, al ricorso alla Consulta e alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Il provvedimento, avvertono Fieg e Fnsi, introduce «limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca» e «sanzioni sproporzionate a carico di giornalisti ed editori». E, soprattutto, viola «il fondamentale diritto della libertà d’informazione». Mentre l’Anm attacca la riforma delle intercettazioni e del processo penale, il Consiglio superiore della magistratura boccia l’introduzione del reato di clandestinità, perché porterà alla «totale paralisi» di «molti» uffici giudiziari, oltre a comportare la lesione di diritti fondamentali dei clandestini e dei loro figli. Il reato di clandestinità introdotto dal pacchetto sicurezza determinerà per il Csm un «eccezionale aggravio» sull’attività giudiziaria, proprio per «l’imponenza quantitativa del fenomeno dell’immigrazione irregolare nel nostro Paese». Le conseguenze peggiori saranno per i giudici di pace. E tutto questo senza che la norma serva al suo stesso scopo, quello di favorire l’allontanamento dei clandestini. «Una contravvenzione punita con pena pecuniaria – sottolinea il Csm – non appare prevedibilmente efficace per chi è spinto a emigrare da condizioni disperate». Ma non è tutto. L’allarme del Csm è anche per le conseguenze sui diritti fondamentali dei clandestini. Ci sarà «una inevitabile incidenza negativa del nuovo reato di clandestinità», sull’«accesso a servizi pubblici essenziali» che riguardano «beni fondamentali» tutelati dalla Costituzione, come il diritto alla salute, da parte degli immigrati non dotati di valido titolo di soggiorno. È questo perché il codice di procedura penale impone a pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio «l’obbligo di denuncia» di reati, come questo, procedibile d’ufficio. In gioco ci sono anche i diritti dei bambini: il Csm punta l’indice sulla norma che impone di esibire all’atto di dichiarazione della nascita di un figlio il permesso di soggiorno e che è «in contrasto con il diritto del minore alla propria identità personale e alla cittadinanza» che va riconosciuto «immediatamente», sancito dalla Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo ratificata dall’Italia. |
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