Intercettazioni: protesta in aula al momento del voto
Bagarre alla Camera dopo il via libera al
disegno di legge che vara la stretta sulle intercettazioni e che ora
passa al Senato per il sì definitivo. L’approvazione è arrivata per
voto segreto dopo che ieri il governo aveva incassato alla Camera la
fiducia. In aula al momento del voto si sono sentite proteste e sono
stati esposti cartelli da parte di deputati dell’Idv con la scritta
“vergogna”. Alla votazione era presente anche il presidente del
consiglio Silvio Berlusconi.
Dall’opposizione 17 voti a favore. Nonostante le proteste, 17
deputati dell’opposizione, nel segreto dell’urna, hanno votato a favore
del provvedimento. All’opposizione sono venuti a mancare infatti
diciassette voti: è quanto si evince dall’esame dei tabulati della
votazione. Sulla carta, se tutti i deputati avessero votato compatti
secondo le indicazioni dei gruppi e contando l’astensione del deputato
delle minoranze Karl Zeller, il provvedimento sarebbe dovuto passare
con 301 sì e 242 no, a fronte degli effettivi 318 sì e 224 no.
«La bontà del provvedimento di riforma delle intercettazioni è
dimostrata dal fatto che è stato approvato sia dalla maggioranza sia da
un pezzo dell’opposizione», ha detto Italo Bocchino, vicepresidente dei
deputati del Pdl, secondo il quale «sono 21 i deputati d’opposizione
che hanno detto si al nostro disegno di legge, testimoniandone
l’utilità e la bontà delle scelte normative fatte».
Cartelli dell’Ivd: vergogna. Al momento del voto i deputati
dell’Idv hanno esposto diversi cartelli di protesta su cui si leggeva:
«Libertà di informazione cancellata»; «Pdl: proteggiamo delinquenti e
ladri», «Vergogna». Alcuni deputati hanno esposto la scritta «Morta la
libertà di informazione, uccisa dall’arroganza del potere».Da parte del
centrodestra è salito in risposta il coro «buffoni».
«Oggi si è consumato lo scempio più efferato nella storia della Repubblica.
In un colpo solo, con il disegno di legge approvato pochi minuti fa
alla Camera, si sono spazzate via l’obbligatorietà dell’azione penale
ed il diritto ad essere informati», ha scritto Antonio Di Pietro sul suo blog.
«Non sarà più possibile utilizzare le intercettazioni per combattere la
criminalità. Con questa legge, che impedisce le rilevazioni telefoniche
ed ambientali, la magistratura ha perso occhi ed orecchie. Mentre la
stampa non potrà più pubblicarle. Secondo Di Pietro, «il governo
Berlusconi IV legittima nelle istituzioni l’esistenza della malavita
organizzata, del malaffare, della corruzione e legifera per sdoganare
l’immoralità. Questa maggioranza – continua il leader dell’Idv – è
golpista, perché non si è insediata negli scranni capitolini per
risolvere i problemi dell’Italia, ma per spartirsi una torta di potere.
Il Parlamento, la Costituzione e le sue regole sembrano impotenti
dinnanzi a un tumore che si è insinuato nello Stato in modo subdolo ed
invisibile. Servono le piazze, i cittadini, la disubbidienza civile,
l’Europa e l’unione di tutte le forze sociali che non si riconoscono in
questa brutta pagina della storia. Le leggi si devono rispettare finché
a scriverle non sono i delinquenti».
Cicchitto: legge che limita gli abusi. Il capogruppo del Pdl
alla Camera Fabrizio Cicchitto difende la riforma delle intercettazioni
osservando che si tratta di un provvedimento «volto a limitare gli
abusi» e ricorda come numerosi esponenti del centrosinistra, ai tempi
del governo Prodi, si lamentarono dei troppi ascolt telefonici da parte
della magistratura.
Bossi: la gente non vuole essere intercettata. «La gente non
vuole essere intercettata. Berlusconi lo ha capito e ha avuto buon
gioco», ha affermato il leader della Lega Umberto Bossi. Come si
contrasteranno i reati? «Si troverà un’altra via», ha detto Bossi.
Alfano: inalterate le potenzialità antimafia. Soddisfatto il
ministro della giustizia Angelino Alfano: «Abbiamo tutelato
l’inviolabilità della segretezza delle informazioni tutelata
dall’articolo 15 della Costituzione e al pari il diritto di informare,
che non coincide – sottolinea – con il diritto di pubblicare, rovinando
la vita alle persone, fatti e circostanze che nulla hanno a che fare
con le vicende processuali. Insomma, il provvedimento approvato dalla
Camera oggi è un punto di equilibrio molto importante». «Abbiamo
istituito un doppio binario che lascia inalterate le potenzialità
investigative dei bravi investigatori antimafia», ha rilevato.
L’Anm: polizia e magistratura avranno le mani legate. «Con
queste norme polizia e magistratura avranno le mani legate nei
confronti dei criminali e abbiamo il dovere di dirlo ai cittadini», ha
osservato Giuseppe Cascini, segretario dell’Anm, intervenendo su Radio
24. Si abolisce «uno strumento investigativo utilizzato in tutto il
mondo per contrastare la criminalità, si potranno fare intercettazioni
solo se ci sono evidenti indizi di colpevolezza nei confronti di una
persona. Qualcuno dovrà spiegarci perché non la si arresta una persona
così, invece di intercettarlo». «Tutte le intercettazioni a carico di
ignoti per omicidio, violenza sessuale, rapine in villa, corruzione o
reati finanziari non si potranno più fare» ha aggiunto Cascini.
Editori e giornalisti: brutta notizia. Il voto alla Camera sul
ddl Alfano, «è una brutta notizia per l’informazione, la sua autonomia,
il suo valore non meramente materiale». Lo affermano, in una nota
congiunta, la Fieg (l’organizzazione che riunisce gli editori italian)
e la Fnsi (il sindacato dei giornalisti) che «si uniscono ancora per
rinnovare al Parlamento, ora in particolare al Senato, e a tutte le
forze politiche l’appello ad scongiurare l’introduzione nel nostro
ordinamento di limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca e di
sanzioni sproporzionate a carico di giornalisti ed editori».
L’opposizione ieri
aveva scritto al capo dello Stato per esprimere il «profondo disagio»
per un testo definito «politicamente eversivo». Secondo l’Anm il
disegno di legge segnerà nei fatti «la morte della giustizia penale in
Italia». Contro il ddl anche il mondo dell’editoria.
Csm, si dimettono 3 cosiglieri per protesta contro Alfano. Tre
consiglieri del Csm hanno presentato le dimissioni dalla Commissione
per gli incarichi direttivi, di cui sono stati presidenti: un gesto in
polemica con le dichiarazioni del ministro della Giustizia Angelino
Alfano che, in un’intervista andata in onda ieri al Tg2, ha parlato di
nomine lottizzate ai vertici degli uffici giudiziari e di un planning,
cioè di una spartizione sistematica. Nella lettera, a quanto si è
appreso, i consiglieri Giuseppe Maria Berruti, Ezia Maccora e Vincenzo
Siniscalchi esprimono allarme per il livello dello scontro tra
magistratura e politica, visto che il ministro li ha accusati di
condotte illecite.