Irpef, stop alla cartella esattoriale se il credito d’imposta è ridotto senza spiegazione
No al credito d’imposta “tagliato” senza un perché.
Fa bene il contribuente a impugnare la cartella esattoriale Irpef: la
Suprema corte decide nel merito e accoglie la domanda introduttiva del
cittadino perché ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato
in base al principio di trasparenza (articolo 3, legge 241/90). Lo
ricorda la sentenza 26330/09, emessa dalla sezione tributaria della
Cassazione.
Il contribuente vince la sua
battaglia contro il Fisco nonostante le conclusioni di segno contrario
del pm. L’amministrazione indica una minore eccedenza Irpef per gli
anni pregressi senza fornire alcuna motivazione sul riconoscimento di
un credito d’imposta minore ma riportando soltanto dati numerici. In
realtà l’ufficio ha precisato le ragioni dell’iscrizione a ruolo
soltanto nel giudizio d’appello. Insomma: la cartella è nulla perché
non si capisce da dove nasce la pretesa tributaria. Lo insegna la
giurisprudenza della Consulta: la motivazione dell’atto impositivo deve
essere «congrua, sufficiente e intellegibile» e il dovere di “spiegare”
le origini del prelievo fiscale non si configura soltanto per gli
avvisi di accertamento della tassa (rispetto ai quali l’obbligo è
sancito dall’articolo 6 del D.Lgs 32/2001, che ha aggiunto il comma
secondo bis all’articolo 71 del D.Lgs 507/93). L’obbligo di trasparenza
vige anche per la cartella di pagamento: il recepimento del generale
principio amministrativo nella materia tributaria risale alla legge
212/00, articolo 7: la cartella, nella specie, non era stata neanche
preceduta da un avviso di accertamento motivato.