Ischia, liquami nel mare, il via alle indagini e 5 arresti
Cinque persone agli arresti domiciliari,
tre sottoposte ad obbligo di firma, 60 albergatori coinvolti: è il
bilancio dell’operazione “Dirty island” (“Isola sporca”) condotta nella
notte dai carabinieri del Noe di Napoli e della compagnia di Ischia.
L’accusa è di associazione per delinquere finalizzata ad attività
illecita in materia di rifiuti, frode in pubbliche forniture e falso
ideologico. I destinatari delle cinque ordinanza di custodia cautelare
agli arresti domiciliari sono tutti appartenenti alla società “Aragona
servizi ecologia” che ha in sub-appalto la gestione e lo smaltimento
delle acque nere dal consorzio pubblico Evi nei sei Comuni dell’isola
oltre che a Procida.
Lucia Pesce, socio amministratore della società “Aragona servizi
Ecologia”, Vincenzo Pesce, operaio della stessa azienda, Giuseppe
Pesce, socio accomandatario della società “Uniterra”, Carolina
Migliozzi, responsabile tecnico della società “Aragona servizi
Ecologia” e Giuseppe Di Lauro, chimico esterno della società: sono le
cinque persone poste agli arresti domiciliari dai carabinieri del Noe
di Napoli, coordinati dal capitano Achille Sirignano, comandante del
Noe di Napoli e dai militari della compagnia di Ischia coordinati dal
tenente Pierangelo Iannicca. Per altre tre persone è scattato l’obbligo
di presentazione alla polizia giudiziaria.
Secondo l’accusa sversavano direttamente in mare rifiuti liquidi come
acque di fogna bianche e nere, non depurate, e fanghi diluiti con acqua
causando con ciò un danno di «notevoli proporzioni alla flora ed alla
fauna ed al mare», a luoghi sottoposti a vincoli paesaggistici e al
parco marino “Regno di Nettuno”. Per gli inquirenti era una vera e
propria associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di
rifiuti speciali pericolosi e non.
Sessanta albergatori ischitani risultano coinvolti, in quanto i
prelievi effettuati nelle vasche a tenuta stagna (di cui la gran parte
degli alberghi isolani sono dotati, non esistendo un vero e proprio
sistema fognario provvisto di depuratori), da parte della società
“Aragona Servizi ecologia”, non venivano certificati dall’apposito
formulario che gli albergatori erano tenuti a compilare. Si
accontentavano invece di una mera bolla di fattura, che permetteva alla
ditta sotto accusa di prelevare le acque reflue dalle strutture
ricettive e di scaricare il tutto nei tombini adiacenti al mare. I
carabinieri hanno quindi confermato che gli albergatori, non
sottoscrivendo il formulario, hanno quindi favorito di fatto la società
addetta al trattamento dei reflui nell’attività criminosa.
Al momento, a quanto si è appreso da fonti giudiziarie, i nomi degli
albergatori coinvolti nell’inchiesta sui rifiuti a Ischia non sono
stati iscritti nel registro degli indagati della procura di Napoli. Gli
inquirenti – il procuratore aggiunto Aldo De Chiara e i pm Antonio
d’Alessio e Paolo Sirleo – dovranno infatti esaminare l’informativa dei
carabinieri e poi decidere se procedere all’iscrizione di nuovi
indagati.
Nella quasi totalità dei casi gli interventi attuati dalla società non
sono consistiti nel prelievo e successivo smaltimento dei rifiuti, ma
in una reimmissione degli stessi a valle del sistema fognario e da esso
direttamente in mare, rendendo inutile la presenza di vasche di
accumulo. Insomma, i rifiuti anziché essere regolarmente smaltiti
presso gli idonei impianti sono finiti direttamente in acqua. In altri
casi, i fanghi di sedimentazione sono stati smaltiti direttamente sul
terreno, in località Arenella a Ischia, area di proprietà della
“Aragona”.
Anche i rifiuti liquidi provenienti dal centro emodialisi dell’Asl
Napoli 2, e che per legge devono essere raccolti e smaltiti applicando
precauzioni particolari, sono stati trasportati con un’unica cisterna
insieme con altri rifiuti liquidi speciali pericolosi. In particolare,
è emerso che i rifiuti derivati dal centro dialisi, considerati
speciali e pericolosi con rischio infettivo, venivano miscelati con i
rifiuti non pericolosi derivanti dalle fosse settiche, con un unico
certificato d’analisi, e la dicitura “rifiuto non pericoloso”.