Istat: 2,7 milioni senza posto fisso
Il numero dei senza posto fisso in Italia parte sicuramente da una base che supera i 2,7 milioni di persone: risultato della somma tra i 2,364 milioni di dipendenti a tempo determinato e i 385 mila collaboratori censiti dall’Istat nell’ultimo aggiornamento trimestrale sulle forze lavoro, riferito a luglio-settembre 2011. Tra i lavoratori atipici, su cui cioé si scarica la flessibilità in entrata, spicca la quota di giovani. Andando, infatti, a riprendere gli ultimi dati Istat, relativi alla media del 2010, sugli occupati per fasce d’età e tipo d’impiego, da semplici calcoli emerge che tra gli under 25 dipendenti il 47% è a termine; percentuale molto più elevata rispetto a quella degli adulti (8% per gli over 35). Insomma, il punto di partenza della precarietà in Italia è già notevole e di certo lieviterebbe se allo zoccolo duro dei 2,7 milioni si aggiungesse tutto il vasto sottobosco di rapporti di lavoro ancora più “deboli”, per non parlare delle forme di abuso, a cominciare dalle cosiddette “false partite Iva”. Inoltre, il numero dei precari è in forte aumento, basti pensare che i dipendenti a termine nel terzo trimestre del 2011 sono cresciuti, su base annua, del 7,6% (+166 mila persone) e l’incidenza del lavoro a tempo sul totale degli occupati ha raggiunto, stando a dati Istat, il 10,3%. Inoltre, tra gli assunti a scadenza, buona parte sono anche part time (25%). Ed é noto come, a causa della crisi, l’unica forma di part time in crescita è stata quella involontaria, ovvero imposta dal datore di lavoro. L’aumento del numero dei senza posto fisso ricade sulle spalle dei più giovani. Dagli ultimi numeri disponibili, il 46,7% dei dipendenti sotto i 25 anni è a termine, vale a dire quasi uno su due. La quota resta elevata anche se si alza l’asticella dell’età: tra i 25 e i 34 il 18% dei dipendenti risulta assunto con un contratto a tempo determinato. L’incidenza, invece, scende a valori decisamente più bassi se si guarda agli adulti, nel complesso solo l’8% degli over 35 è a scadenza (8,3% tra i 35-54 anni e 6,3% tra gli over 55). Una divisione generazionale che appare, quindi, decisamente ampia e a sfavore dei ragazzi, d’altra parte oltre il 70% dei nuovi ingressi è a tempo. E se si aggiungono i dati sulla precarietà a quelli sulla disoccupazione, con un giovane su tre a casa, il quadro per chi si affaccia ora sul mercato del lavoro diventa ancora più fosco.