Istat: nel 2009 Pil in calo del 5%
Il 2009 si è chiuso con un Pil in calo del 5%. E’ il dato peggiore
dal 1971, ossia da quando è cominciata la rilevazione statistica. Lo
rivela l’Istat che ha rivisto al rialzo la precedente stima che
indicava un prodotto interno lordo in calo del 4,9%. Numeri da capogiro
anche per il debito pubblico, volato a quota 115,8% del Pil. Sono
risultate in calo le entrate, pari al 47,2% del Pil (-1,9%). Ma la
pressione fiscale sui contribuenti, invece, è aumentata, portandosi al
43,2% (+0,3%).
Giù importazioni, esportazioni, consumi delle famiglie e investimenti
Il
calo del 5% del Pil dell’Italia si confronta con il -2,2% della
Francia, con il -2,4% degli Usa e con il -5% della Germania, Regno
Unito e Giappone.
In Italia, la diminuzione del Pil incorpora un
calo del 14,5% delle importazioni di beni e servizi, una contrazione
dell’1,2% dei consumi finali nazionali (-1,8% la spesa delle famiglie
residenti, +0,6% la spesa delle Amministrazioni Pubbliche, +1,1% le
Istituzioni sociali private). Gli investimenti fissi lordi hanno
mostrato una contrazione del 12,1%, che ha riguardato tutte le
tipologie di beni capitali: i macchinari e attrezzature (-18,4%), le
costruzioni (-7,9%), i mezzi di trasporto (-15,2%) e i beni immateriali
(-5,4%).
Le esportazioni di beni e servizi sono scese del 19,1%.
Dal
punto di vista della formazione del Pil, il valore aggiunto è diminuito
in agricoltura, silvicoltura e pesca del 3,1%, industria in senso
stretto del 15,1%, costruzioni -6,7% e servizi -2,6%. Un contributo
negativo all’andamento del Pil è venuto dalla domanda nazionale al
netto delle scorte (-3,5 punti percentuali) e dalla domanda estera
(-1,2 punti percentuali). Le scorte hanno portato un contributo
negativo per 0,3 punti. Infine, il Pil 2008 e’ stato rivisto da -1% a
-1,3%.
In calo anche i redditi da lavoro dipendente
Per
quanto riguarda i redditi da lavoro dipendente e le retribuzioni lorde,
sono diminuiti dello 0,6%; queste ultime hanno registrato un aumento
dell’1,7% nel settore agricolo, dell’1,2% nelle costruzioni, dello 0,9%
nei servizi ed una riduzione del 5,7% nell’industria.
Il deficit/Pil tocca il 5,3%
Nel
2009 il deficit/ Pil è stato pari al 5,3%, superiore a quello
registrato nell’anno precedente, pari al 2,7%. In valore assoluto
l’indebitamento netto è aumentato di circa 38.200 milioni di euro,
attestandosi sul livello di 80.800 milioni di euro.
L’Istat
sottolinea che per la prima volta dal 1991 il saldo primario
(indebitamento netto al netto della spesa per interessi) è risultato
negativo e pari allo 0,6% del Pil, inferiore di oltre 3 punti rispetto
al livello positivo raggiunto nel 2008 (2,5%). Quanto al saldo delle
partite correnti (risparmio o disavanzo delle Amministrazioni
pubbliche), è risultato negativo e pari a -31.129 milioni di euro, in
diminuzione rispetto al risparmio di 12.087 milioni conseguito nel
2008.
“Il disavanzo del 2009 – spiega l’Istituto – è stato
determinato da una flessione delle entrate correnti di oltre 26
miliardi di euro (-3,6%) e da una dinamica positiva delle spese
correnti (+2,3%)”.
Le entrate totali, pari al 47,2% del Pil, sono diminuite dell’1,9% all’anno precedente (erano cresciute dell’1,1% nel 2008).
Aumenta la pressione fiscale
La
pressione fiscale complessiva (ammontare delle imposte dirette,
indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al
Pil), prosegue l’Istituto nazionale di statistica, è risultata pari al
43,2%, superiore di tre decimi di punto rispetto al valore del 2008
(42,9%: “Tale risultato è l’effetto di una riduzione del Pil superiore
a quella complessivamente registrata dal gettito fiscale e parafiscale,
la cui dinamica negativa (-2,3%) è stata attenuata da quella, in forte
aumento, delle imposte in conto capitale (cresciute in valore assoluto
di quasi 12 miliardi di euro). Le imposte dirette sono diminuite del
7,1%, quelle indirette del 4,2% e i contributi sociali effettivi dello
0,5%. L’andamento di questi ultimi riflette la tenuta delle
retribuzioni lorde, dovuta alla lieve crescita dell’importo medio
pro-capite, che ha parzialmente compensato la flessione
dell’occupazione”.