Italia, FUGA DI CERVELLI.
Un dato di grande interesse emerge da un campione, pari a circa il 25% del totale, del primo round dei fondi di ricerca distribuiti ai giovani dal Consiglio Europeo delle Ricerche. Gli italiani vi figurano assai bene, al secondo posto dopo la Germania (17%) e a parità con l’Olanda, col 14% di successi: consolante conferma dell’alto livello della ricerca in Italia, anche rispetto ad altri paesi (Gran Bretagna e Francia 8%, Belgio 10%, Spagna 4 %). Ottimo, se badiamo solo alla cittadinanza d’origine. Ma se invece guardiamo, ed è essenziale, dove i singoli studiosi hanno deciso di impiantare la loro ricerca in caso di successo finale, l’Italia perde vistosamente terreno: di quel 14% solo il 5% (cifra sempre riferita al totale) intende restare in Italia, mentre il 9% si distribuisce fra Inghilterra, Francia e Olanda. Il Regno Unito, che parte svantaggiato con un magro 8%, si dimostra il Paese più attrattivo d’Europa, e finisce al 25% del totale; la Spagna supera l’Italia per l’apporto di studiosi da altri Paesi; la piccola Olanda attira dall’estero il 4%, l’Italia arriva ultima con un misero 1%. La lezione è chiara: la maggior parte dei giovani più brillanti che l’Italia produce non hanno fiducia nel proprio Paese, che pure ha saputo formarli in modo adeguato e a caro prezzo. L’ampio reclutamento di ricercatori previsto nell’ultima Finanziaria, di per sé positivo, non tocca il problema. L’Italia deve assicurare ai giovani non solo l’accesso al gradino iniziale della carriera universitaria (“ricercatore”), ma anche ai gradi superiori, associato e ordinario. Perché mai un trentenne brillantissimo, che può diventare full professor oggi in Olanda, Inghilterra o Usa, dovrebbe aspirare a fare il ricercatore in Italia, a basso salario e scarsi fondi di ricerca? Il micidiale invecchiamento dei docenti italiani, conseguenza del localismo delle carriere, va corretto velocemente, consentendo da subito ai giovani, sulla base esclusiva della qualità e del merito, l’accesso ai gradi più alti: esattamente com’è in tutti i Paesi con cui asseriamo di voler competere. Accade invece, in questa imbarazzante penisola, che si stiano prendendo in considerazione provvedimenti di segno opposto, che privilegiano l’anzianità e ignorano il merito.