Italiane tra le più longeve del mondo:casalinghe, ma anche tante manager
Come stanno le donne del mondo? Meglio, grazie. Ma non benissimo. C’è ancora tanta strada da fare prima che la popolazione femminile possa dirsi soddisfatta: le disparità permangono in tanti Paesi, l’istruzione rimane un sogno per milioni di bambine, gli sbocchi di lavoro sono limitati e raramente portano a posizioni di potere. A disegnarci questo panorama non esattamente “roseo” sono le Nazioni Unite, che ieri – in occasione della prima giornata mondiale dedicata alla scienza della statistica – hanno presentato il rapporto quinquennale sulla condizione della donna nel mondo.
Il rapporto contiene dati su tutti i continenti e tutti i Paesi. E rivela anche alcuni interessanti particolari della nostra vecchia Italia. E “vecchia” non è solo un termine affettivo: nel nostro Paese le donne sono più longeve che nella stragrande maggioranza dei Paesi. Anzi, le italiane si piazzano al quinto posto quanto a lunghezza della vita, superate solo dal Giappone, che conquista il primato, e da Cina, Francia e Svizzera, e seguite dalla Spagna. In media le donne in Italia vivono 84 anni, contro i 78 dei concittadini di sesso maschile. E per avere un’idea di quanta diseguaglianza ci sia ancora nel mondo basterà tenere presente che una bambina che nasca oggi in Europa può aspettarsi una vita lunga e in gran parte sana, appunto con una media sopra gli ottanta anni. Nell’Africa del sud invece non si superano i 52 anni, e nei Paesi particolarmente infelici, come l’Afghanistan o lo Zimbabwe, una bambina può vivere una vita media di appena 44 anni. Ironia della sorte: l’obesità, che una volta era caratteristica dei Paesi avanzati, sta dilagando anche nei Paesi meno avanzati, con effetti terribili per la salute delle donne. In alcuni Paesi arabi, l’obesità arriva al 45 per cento della popolazione femminile, e il trend è aggravato dal fatto che la società non incoraggia l’attività fisica fra le bambine.
Nel 1995, la quarta conferenza mondiale sulle donne tenutasi a Pechino, trovò tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite d’accordo sulla necessità di “portare avanti l’eguaglianza, la pace e lo sviluppo per tutte le donne, ovunque, nell’interesse dell’umanità”. Numerosi studi provano infatti che dove le donne hanno modo di studiare e farsi un’istruzione, esse contribuiranno a migliorare la qualità della vita dell’intera società.
Il rapporto quinquennale porta alla luce un dato incontrovertibile: nei Paesi meno avanzati, dove le donne continuano a sposarsi in età molto giovane e cominciano subito ad avere bambini, le prospettive sono modeste. In Europa, le donne si sposano raramente prima del compimento del 30esimo anno d’età (gli uomini del 33esimo), ma in molti Paesi meno avanzati il matrimonio arriva quando le donne sono ancora teen-ager. E per loro, spiega il rapporto, «l’opportunità di studio e lavoro si riducono, riducendo di conseguenza anche le possibilità di avanzamento».
Ci sono 774 milioni di adulti analfabeti nel mondo e di questi due terzi sono donne. Le speranze per il futuro sembrerebbero incoraggianti, considerato che il tasso di analfabetismo precipita nelle generazioni più giovani. E infatti dal 1999 a oggi, la percentuale di bambine che va a scuola è passata dal 79 all’86 per cento. Ma bisogna ricordare che spesso dietro le percentuali statistiche si possono nascondere degli squilibri : in Italia ad esempio il 100 per cento delle bambine va a scuola, ma in Africa di rado si supera il 60 per cento. Non a caso ieri, nel presentare dati, numeri e percentuali, il redattore del rapporto, Jomo Kwame Sundaram, del Dipartimento di Economia e Affari Sociali dell’Onu, ha commentato: «Con questo rapporto speriamo di indirizzare le decisioni dei vari Paesi, mettendo in evidenza i settori dove un intervento appare urgente».
Sul fronte del lavoro, il rapporto conferma che le donne hanno indubbiamente fatto passi avanti, e tuttavia fa rilevare che esse continuano a guadagnare meno (a parità di lavoro) rispetto agli uomini, e che “sono ancora poco rappresentate nelle carriere che offrono status, potere e autorità e ancor meno nelle posizioni di governo”. Nel 2009 c’erano solo 19 donne capo di Stato o capo di governo, e solo in 23 Paesi la quota “rosa” nei Parlamenti superava il 30 per cento. Al contempo, le donne continuano a portare sulle proprie spalle la maggior parte della responsabilità della famiglia. E di conseguenza, “il totale delle ore lavorative delle donne è più alto di quello degli uomini in ogni regione del mondo”.
In Italia, le donne aggiungono alla propria giornata lavorativa una media di altre sei ore di lavoro “non remunerato”, rispetto alle due ore di mariti, padri e fratelli. Non solo, vantiamo anche un altro record: la percentuale di donne che si dedica solo alla casa e ai figli arriva al 42 per cento, mentre accade solo nell’8 per cento dei casi che sia il padre a prendersi cura della casa e della famiglia, lasciando alla moglie il compito di guadagnare il necessario.
Le donne in posizioni di prestigio sono relativamente poche: ad esempio all’università le insegnanti non sono neanche un terzo del totale, ma in compenso le donne alla guida di aziende rappresentano il 20 per cento del totale, che non sarà molto ma è sempre una percentuale più alta che in Francia o Gran Bretagna