La banca non può caricare addebiti di costi, interessi, spese e competenze maturate dopo la chiusura forzata del conto
La banca non può caricare addebiti di costi, interessi, spese e competenze maturate dopo la chiusura forzata del conto. Sembra un fatto semplicemente normale e invece, per sancire tale lapalissiano diritto, è dovuta intervenire una recente sentenza, la numero 1/2016, pronunciata nei giorni scorsi dal Tribunale di Taranto. La Corte ha infatti accolto il ricorso di un ex correntista che aveva ricevuto il decreto ingiuntivo in cui la banca gli imponeva il pagamento di una somma a saldo maturata sul conto corrente anche dopo il 2010, quando il conto era già stato chiuso. Per il Tribunale risulta illegittima la richiesta dell’istituto di credito che, al saldo notificato nel 2010, aggiungeva anche addebiti di costi, interessi, spese e competenze maturate a seguito della data di chiusura.
La banca insomma non può più pretendere interessi dopo che il conto è stato chiuso per volontà dello stesso istituto di credito. Inoltre – viene spiegato nel provvedimento – a prescindere dallo scaglione temporale di scadenza degli interessi (semestrali o trimestrali), va applicato l’articolo 1283 c.c. sull’anatocismo, che vieta la capitalizzazione degli interessi: «in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi».
Secondo il giudice pugliese ciò che viene contestato dal correntista non è il saldo richiesto all’atto di chiusura del conto, ma la rimanente cifra maturata a seguito del recesso dell’istituto di credito, in quanto sarebbe in tal caso applicabile l’articolo 1283 c.c sull’anatocismo. Anche la Consulenza tecnica aveva confermato che nell’ammontare richiesto sono riscontrabili spese non negoziate per iscritto, che devono pertanto devono essere sottratte dal saldo debitorio.
Onorevole presidente della Corte Angelo Pisani