La cartella esattoriale di pagamento di sanzione amministrativa pecuniaria, impugnabile ai sensi dell’art. 22 della l. n° 689/1981 nel solo caso di omessa o invalida notificazione dell’atto presupposto (verbale di accertamento e ordinanza ingiunzione).
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANOLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:Dott. DE MUSIS Rosario – Presidente –Dott. CELENTANO Walter – Consigliere –Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –Dott. DEL CORE Sergio – rel. Consigliere –Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –ha pronunciato la seguente:
SENTENZAsul ricorso proposto da:AMMINISTRAZIONE COMUNALE DELL’AQUILA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DI MONTE SANTO 64, presso l’avvocato CLAUDIO FERRAZZA, rappresentata e difesa dall’avvocato TORELLI LUCIANO, giusta procura speciale in calce al ricorso;– ricorrente –controLIBERATORE PAOLO;– intimato –avverso la sentenza n. 174/02 del Giudice di pace di L’AQUILA, depositata il 05/04/02;udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 05/05/2005 dal Consigliare Dott. Sergio DEL CORE;udito per il ricorrente, l’Avvocato TORELLI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;udito il P.M. in persona dal Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSOCon ricorso depositato il 22 gennaio 2001, Paolo Liberatore propose opposizione davanti al Giudice di pace dell’Aquila avverso l’esecuzione forzata mobiliare promossa dalla Gerit – concessionaria di quel comune – in forza di cartelle esattoriali, notificate nell’anno 2000, relative a verbali di accertamento di violazioni del codice della strada. Con successivo ricorso del 22 maggio 2001, il Liberatore propose opposizione avanti allo stesso giudice avverso avvisi di mora relativi a sanzioni amministrative irrogate per violazioni del codice della strada commesse negli anni 1991, 1992, 1993, 1994, 1996 e 1997. Recepì in entrambi i casi la prescrizione dei crediti azionati. I due ricorsi vennero riuniti. Nelle more del giudizio, la Gerit, in virtù dei predetti avvisi di mora, procedette a espropriazione forzata mobiliare mediante pignoramento presso terzi e il Liberatore, per evitare ulteriori aggravi, versò all’esattore la complessiva somma di lire 3.876.223.Il giudice adito, premesso che i verbali di accertamento relativi alle violazioni del codice della strada non erano mai stati notificati all’opponente e rilevato che il diritto a riscuotere le somme dovute a titolo di sanzione amministrativa si era prescritto per l’inutile decorso del termine quinquennale di cui agli articoli 209 del codice della strada e 28 della legge n. 689/1991, annullò le cartelle e gli avvisi di mora e ordinò la restituzione delle somme versate dall’opponente.Avverso detta sentenza ha proposto ricorso il Comune dell’Aquila in base a due motivi.L’intimato non ha svolto attività difensiva.MOTIVI DELLA DECISIONECon il primo mezzo, denunciando violazione degli artt. 22 della legge n. 689 del 1981, 7 e 9 c.p.c., il Comune ricorrente deduce l’incompetenza per materia del Giudice di pace dacché, essendo stato dedotto un fatto estintivo del diritto a riscuotere le somme pretese sopravvenuto alla formazione del titolo esecutivo, doveva essere proposta opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615, comma 1, c.p.c., la cui cognizione spettava ratione materiae al tribunale. Con il secondo motivo, il ricorrente denunzia la violazione dell’art. 137 c.p.c. e la inesistenza dell’atto introduttivo. Deduce che ove l’azione esperita dal Liberatore, anziché come opposizione alla esecuzione, si dovesse qualificare come azione di accertamento negativo, andava introdotta non con ricorso ma con atto di citazione, osservando i relativi adempimenti procedurali, primo fra tutti la notificazione a istanza di parte (e non di ufficio).Preliminarmente, deve essere verificata l’ammissibilità del ricorso per Cassazione.Come detto in isterico, l’opponente ha impugnato cartelle e avvisi di mora, deducendo che i crediti ivi esposti sono caduti in prescrizione.Tanto premesso, come affermato, con numerose sentenze, da questa Corte (cfr. sentt. nn. 489/2000, resa a Sezioni Unite, che hanno risolto un contrasto registratosi nella soggetta materia, 491/2000, 562/2000, nn. 1162/2000, anch’esse emesse a Sezioni unite, 9087/2003, 9482/2003, 6119/2004) e confermato poi dall’art. 29 del D.lgs. 26 febbraio 1999 n. 46, che ha riordinato la disciplina della riscossione a mezzo ruolo, le azioni proponibili da colui al quale è stata notificata una cartella di pagamento o un avviso di mora per riscuotere sanzioni amministrative pecuniarie, in rapporto agli artt. 27 legge n. 689/81 e 206 del codice della strada, sono: l’opposizione a sanzioni amministrative ex art. 23 legge n. 689/81, l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. e, infine, l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. La prima opposizione e esperibile nei casi in cui la cartella esattoriale, mediante preventiva iscrizione al ruolo, e emessa senza essere preceduta dalla notifica dell’ordinanza-ingiunzione o del verbale di accertamento di violazione del codice della strada, onde consentire all’interessato di “recuperare” l’esercizio del mezzo di tutela previsto appunto da detta legge riguardo agli atti sanzionatori; ciò avviene, in particolare, allorché l’opponente contesti il contenuto del verbale che e da lui conosciuto per la prima volta al momento della notifica della cartella. L’opposizione all’esecuzione e, invece, il rimedio processuale da adottare quando l’opponente o contesta l’illegittimità della iscrizione al ruolo per omessa notifica della stessa cartella, e quindi per la mancanza di un titolo legittimante l’iscrizione al ruolo, o adduce fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo, come, ad esempio, la prescrizione maturata dopo l’irrogazione della sanzione o il pagamento di quest’ultima. Con la conseguenza che se il rimedio e esperito prima dell’inizio dell’esecuzione, giudice competente deve ritenersi, in applicazione del criterio dettato dall’art. 615, primo comma, c.p.c., quello ritenuto idoneo dal legislatore a conoscere della sanzione, cioè quello stesso indicato dalla legge come competente per l’opposizione al provvedimento sanzionatorio. E quindi, in caso di sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti a violazioni del codice della strada, il giudice di pace. Infine, l’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., deve essere attivata (nel termine di cinque giorni dalla notifica della cartella) nel caso in cui si contesti da parte dell’interessato la ritualità formale della cartella esattoriale o si adducano vizi di forma del procedimento di esecuzione esattoriale, compresi i vizi strettamente attinenti la notifica della cartella o quelli riguardanti i successivi avvisi di mora. Deve rilevarsi, in proposito, che la proponibilità delle suesposte opposizioni di cui agli artt. 615 e 617 c.p.c. davanti al giudice ordinario non risulta preclusa, per ormai costante indirizzo giurisprudenziale anche del Giudice delle leggi (Corte Cost. n. 29/1998, n. 372/97 e n. 239/1997), dal disposto dell’art. 27 della legge n. L. 89/81, da interpretarsi nel senso che il rinvio, in tema di sanzioni amministrative pecuniarie, alle norme previste per l’esazione delle imposte dirette non si deve intendere esteso agli artt. 53 e 54 del D.P.R. n. 602 del 1973, riguardanti esclusivamente la materia tributaria.Ovviamente, a tali diverse forme di tutela corrispondono distinti mezzi di impugnazione il ricorso per Cassazione è esperibile nella prima e nella terza ipotesi – rispettivamente, ai sensi dell’art. 23 della legge n. 689/1981 e del combinato disposto degli artt. 111 Cost. e 618, ultimo comma, c.p.c. – mentre nella ipotesi di opposizione all’esecuzione, la sentenza di primo grado è impugnabile mediante il rimedio processuale dell’appello (secondo grado del giudizio di merito).Nel quadro dei cennati principi, cui questo Collegio ritiene di aderire, condividendo le argomentazioni che li fondano, deve affermarsi l’inammissibilità del ricorso.Di vero, nella fattispecie in esame l’opponente, allegando la prescrizione maturata dopo la formazione del titolo esecutivo, vale a dire un fatto estintivo del credito, ha contestato l’esistenza di un titolo legittimante l’esecuzione forzata alla stessa stregua, quindi, di quanto previsto dall’art. 615 c.p.c.Ne consegue che avverso la decisione del Giudice di pace (che ha ritenuto prescritta la “pretesa di riscossione” di cui alle cartelle e agli avvisi di mora) andava proposto appello e non ricorso per Cassazione.Il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato esime la Corte dal provvedere in ordine alle spese della presente fase di legittimità.P.Q.M.La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.Così deciso in Roma, il 5 maggio 2005.Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2005