La Cassazione sdogana la pedata nel sedere al cliente sgradito
La Suprema corte non condivide però la “mano pesante” dei colleghi giudici mentre giustifica quella del ricorrente. Secondo il Collegio di piazza Cavour la cliente maltrattata aveva commesso il reato di violazione di domicilio e il professionista si era trovato costretto, per interrompere il crimine, a usare le maniere forti. La Cassazione specifica, infatti, che l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni scatta quando si può ricorrere alla via giudiziale per affermare il proprio diritto, mentre, nel caso specifico, la strada del tribunale non poteva considerarsi una forma efficace di tutela. Lo studio professionale – afferma la Corte di ultima istanza – va comunque considerato un luogo non aperto indiscriminatamente al pubblico e il suo titolare ha tutto il diritto di escludere dall’ingresso dei suoi locali le persone che egli ritenga di non ammettere “per qualunque motivo non contrario alla legge”. Gli ermellini annullano dunque la condanna e invitano la Corte d’Appello a riesaminare il caso, tenendo presente che anche le lesioni provocate dal titolare dello “jus prohibendi” possono essere “scriminate” oppure considerate sotto il meno grave profilo dell’eccesso colposo.