La competenza nel giudizio in caso di fallimento del datore di lavoro
Le domande proposte dal lavoratore, una volta intervenuto il fallimento
del datore di lavoro, per veder riconoscere il proprio credito e il
relativo grado di prelazione, devono essere proposte come insinuazione
nello stato passivo di fronte al giudice fallimentare il cui
accertamento è l’unico titolo idoneo per l’ammissione allo stato e per
il riconoscimento eventuali diritti di prelazione, sopravvivendo la
giurisdizione del lavoro nella sola ipotesi dell’impugnativa del
licenziamento.
Ne consegue che ove vengano proposte con il rito speciale del
lavoro contemporaneamente domande nei confronti di una società fallita
e di una società in bonis, il giudice adito non dovrà dichiarare la
propria incompetenza, ma dovrà dichiarare improcedibili le domande
avanzate nei confronti della prima e dovrà esaminare quelle proposte
nei confronti della seconda, con l’unica eccezione al principio
generale che la giurisdizione del lavoro permane per la domanda di
dichiarazione di illegittimità del licenziamento, anche se proposta nei
confronti del fallito.
A ribadire il principio di diritto è la Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2411 del 2 febbraio 2010.