La Corte Ue condanna l’Italia per inadempienze nella gestione dei rifiuti
di Nicoletta Cottone |
Il Belpaese sommerso e affondato dai rifiuti: l’Italia è stata condannata dalla Corte di giustizia europea per inadempienze nella gestione dei rifiuti. Il nostro Stato, secondo la sentenza C-135/05, non ha assicurato il recupero e lo smaltimento dei rifiuti senza pericoli per la salute dell’uomo, senza usare metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e non ha vietato l’abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti. E, ancora, non ha controllato affinché i rifiuti fossero raccolti correttamente, non ha vigilato sulla proliferazione delle discariche abusive, non ha fatto chiudere quelle senza autorizzazione o autorizzato i necessari lavori per continuare a farle funzionare, non ha prestato attenzione al fatto che i rifiuti pericolosi posti in discarica fossero identificati e catalogati. Anche sulle discariche autorizzate non ha vigilato sui piani di riassetto. Una debacle completa che arriva proprio quando i ministri dell’Ambiente Pecoraio Scanio e della Funzione pubblica Luigi Nicolais sono pronti a fornire a Regioni ed enti locali le linee guida, in base ai suggerimenti della Commissione, per le migliori tecnologie di gestione e smaltimento rifiuti. Quattro i campi d’intervento: innanzitutto, l’istituzione di un inventario dei potenziali rifiuti solidi urbani di cui si vieta l’uso su tutto il territorio nazionale o di cui le Regioni possono vietare l’uso per tempi indefiniti o determinati. Poi l’introduzione di una efficace tassa di smaltimento anticipata per poche categorie selezionate di rifiuti come le stoviglie monouso. Si prevede anche la restituzione obbligatoria del rifiuto e infine incentivi fiscali per l’uso di materiali facilmente riciclabili e compostabili. L’indagine della Commissione europea che ha portato all’apertura del ricorso della Commissione contro la Repubblica italiana aveva preso il via da una serie di interrogazioni parlamentari e articoli di stampa e dalla pubblicazione del rapporto del Corpo forestale dello Stato sull’emergenza discariche abusive. La Commissione europea decise nel 2002 di controllare l’osservanza dell’Italia agli obblighi imposti dalle direttive europee 75/442, 91/689 e 1999/31. I dati rilevati sono sconcertanti: un primo censimento del 1986 aveva censito 5.978 discariche illegali, un secondo del 1996 ne aveva rilevate 5.422. Dopo il censimento del 2002 il Corpo forestale ha catalogato 4.866 discariche illegali, di cui 1.765 non figuravano in studi precedenti. Di queste ben 705 contenevano rifiuti pericolosi, mentre le discariche autorizzate risultavano solo 1.420. Nel 2003 la Commissione non ottenendo dalle autorità italiane informazioni che segnalassero la fine degli inadempimenti addebitati si rivolse alla Corte di giustizia europea chiedendo che l’Italia fosse dichiarata inadempiente rispetto agli obblighi derivanti dalle direttive 75/442 e 91/156. Alla scadenza del termine fissato, infatti, era palese che in Italia ci fossero un «numero considerevole di discariche» nelle quali i gestori non avevano garantito il riciclaggio o lo smaltimento dei rifiuti e un «considerevole numero» di siti di smaltimento incontrollato dei rifiuti. Il Governo italiano ha ammesso l’esistenza di almeno 700 discariche abusive con rifiuti pericolosi, nei quali l’obbligo di identificazione e catalogazione non era stato rispettato e che 747 discariche avrebbero dovuto costituire un piano di riassetto (i piani erano stati presentati da 551 discariche, ma solo 131 erano stati approvati). L’Italia, inoltre, segnalano i giudici europei, non ha precisato quali fossero le azioni messe in atto per le discariche i cui piani di riassetto non erano stati approvati.