La famiglia Cucchi: «I medici sono colpevoli»
«Se è vero che rifiutava cibo, acqua e medicine, cosa diavolo hanno
fatto i medici? Quando pensavano di agire? Mai?» Dopo giorni di accuse
a trecentosessanta gradi, Fabio Anselmo, legale della famiglia di
Stefano Cucchi, morto misteriosamente dopo essere finito in carcere,
punta il dito contro il reparto detenuti del «Sandro Pertini». «Credo –
afferma – che le maggiori responsabilità per il decesso siano
dell’ospedale. I dottori hanno visto che Cucchi deperiva e dovevano
avvertire subito il magistrato e comportarsi di conseguenza. Può una
equipe medica assistere senza fare nulla al suicidio di qualcuno,
magari solo perché ci si trova in un reparto carcerario?». Cucchi, 31
anni, di Tor Pignattara, è deceduto la mattina del 22 ottobre scorso,
sei giorni dopo essere stato fermato dai carabinieri con venti grammi
di stupefacente, quasi tre dopo aver smesso di mangiare e di bere per
protesta. Il ricovero al Pertini, a Pietralata, è di sabato 17 ottobre.
I genitori per giorni hanno chiesto notizie ai medici senza avere
risposte. La famiglia, ipotizzando un pestaggio, ha fatto diffondere
giorni fa foto del corpo dopo l’autopsia che fanno impressione. Ma
Cucchi, dopo la notte in una caserma dell’Arma, fu processato in
Tribunale. L’avvocato d’ufficio che lo difese ha detto che né lui, né
il giudice né il pubblico ministero notarono segni di percosse. Antonio
D’Urso, direttore sanitario della Asl RmB, da cui dipende il «Pertini»,
ha contestato le accuse. «Durante il ricovero – ha detto – i medici lo
hanno curato con attenzione e professionalità». Il dirigente sanitario
aggiunge che «il paziente ebbe un atteggiamento scarsamente
collaborativo alle cure». «Ma è assurdo – protesta l’avvocato Anselmo –
che una squadra medica non faccia nulla». I Cucchi, attraverso il
legale, contestano che le fratture all’osso sacro e a una vertebra
riscontrate sulla vittima risalissero al 30 settembre. «Gli atti
processuali – sostiene – le fanno risalire al 15 ottobre». La sorella
di Cucchi, Ilaria, ha cercato ieri di incontrare il direttore di Regina
Coeli, Mauro Mariani. Facendosi accompagnare dal senatore dell’Idv
Stefano Pedica (Di Pietro), è andata in via della Lungara. Gli agenti
della Polizia Penitenziaria hanno detto alla donna che, non avendo
parenti in cella, non poteva entrare, neppure con un parlamentare. «Di
fatto – afferma l’esponente politico – ci è stato impedito di vedere la
medicheria dove è stato Cucchi». «È vergognoso – protesta la Cucchi –
volevo solo vedere dove ha dormito». Pedica ha rincarato la dose: «Là
dentro hanno qualcosa da nascondere?». Il caso è arrivato perfino allo
stadio: i tifosi ieri all’Olimpico hanno osservato cinque minuti di
silenzio esponendo uno striscione: «Giustizia per Stefano Cucchi». La
Procura, in tutto questo, tra veleni, sospetti e smentite, va avanti
per la sua strada. L’inchiesta, contro ignoti, ipotizza tutt’ora
l’omicidio preterintenzionale. E la sorella ha aggiunto una ulteriore
«bordata». «Al momento del fermo – sostiene – gli si impedì di nominare
il legale di fiducia, Stefano Maranella».