La frase ”Se sei uomo, scendi” integra il reato di minaccia
Un’anziana signora viene condannata nei due gradi di merito alla pena di giustizia, oltre risarcimento danni, per i delitti di ingiuria e minaccia per aver pronunziato la frase “se sei uomo, scendi…bastardi, vigliacchi” ai danni del proprio vicino di casa, alla presenza di agenti di Polizia. Ricorre quindi per Cassazione, formulando ben quattro motivi di impugnazione che vengono ritenuti tutti infondati. Viene quindi confermata la pena inflitta dai giudici di merito, oltre il pagamento delle spese processuali.
Gli ermellini non condividono quanto esposto dalla difesa in merito all’espressione utilizzata dall’imputata, poiché, per la Corte di legittimità, non sarebbe stata considerata in senso letterale dal giudice d’appello, il quale in particolare ha affermato che “sottintende la volontà di colui che la pronuncia di ricorrere alle vie di fatto […]. L’espressione è pertanto idonea a intimidire il soggetto passivo, non rilevando le condizioni soggettive dell’autore della condotta e della vittima”. Di conseguenza il giudice di merito ha escluso ogni riferimento alle condizioni di natura soggettiva, quali l’età, il sesso e la prestanza fisica, ma in ogni caso tale apprezzamento non è suscettibile di impugnazione in sede di legittimità.
Altresì la Cassazione ha confermato l’assunto che “in astratto, anche l’esercizio di un diritto può integrare gli estremi della provocazione, ma ciò dipende dalle modalità di tale esercizio”. Infatti nell’atto di impugnazione non vengono illustrate siffatte modalità, bensì è presente un mero riferimento ai cattivi rapporti tra l’imputata il proprio vicino, e alla circostanza che l’intervento della Polizia sarebbe stato un fatto umiliante per l’imputata e dunque il risultato di un’azione ingiusta. La citata affermazione contenuta nel ricorso viene definita quale “petizione di principio”, poiché “si dà per dimostrato (l’umiliazione/provocazione) ciò che si dovrebbe dimostrare”.