La madre assillante non commette stalking
Il TAR ha definito “incongruo” il decreto di ammonimento emanato dal Questore di Milano nei confronti di una madre, rispetto alle risultanze istruttorie dalle quali poteva desumersi una condizione di disagio emotivo e sociale. Per tale motivo il TAR ha affermato che “il comportamento dell’amministrazione tradisce uno sviamento di potere” e che il decreto di ammonimento non può essere utilizzato quale strumento per ingerirsi in situazioni di semplice conflittualità familiare.
Una madre, ritenuta autrice di atti persecutori nel confronti del proprio figlio, è stata destinataria di un decreto di ammonimento, adottato dal Questore di Milano ai sensi degli articoli 7 e 8 della Legge n. 38 del 2009, in seguito oggetto di impugnazione dinanzi al TAR Lombardia. La madre, tramite il suo legale, aveva chiesto di essere interrogata. Detta istanza ha trovato l’accoglimento del Collegio, in considerazione della particolarità del caso sottoposto che ne ha giustificato l’ammissibilità alla luce del nuovo procedimento amministrativo. Il Tar nel contempo ha riconosciuto alle dichiarazioni orali valenza meramente indiziaria e suplettiva, di ausilio rispetto alle circostanze fattuali allegate negli scritti difensivi, rilevando altresì il progressivo spostamento dell’oggetto del giudizio amministrativo dall’atto al rapporto regolato dallo stesso. Il mezzo istruttorio dell’interrogatorio libero delle parti, a dir del Tar, deve essere ricondotto nell’ambito del rinvio che, attraverso una norma di chiusura, la nuova normativa procedurale opera verso il codice di procedura civile. Il Collegio rileva inoltre che la normativa procedurale non esclude la partecipazione della parte sostanziale alla trattazione dell’incidente cautelare, in quanto la legge statuisce che in camera di consiglio siano sentiti i difensori qualora facciano richiesta in tal senso, e non contraddicendo la circostanza che l’interrogatorio libero dipenda da una valutazione del Collegio sulla rilevanza.
Il Tar Lombardia ha giudicato fondato il ricorso della madre, essendo nella fattispecie carenti i presupposti per ogni misura amministrativa in tema di atti persecutori, in particolare dell’ammonimento, richiesto dal figlio al Questore prima di sporgere querela per stalking. Il Collegio richiama la finalità dell’ammonimento, fondandola nel dissuadere il persecutore, legato alla vittima da vincoli affettivi, dal persistere nelle condotte persecutorie. Quest’ultime non vengono penalmente denunziate per questioni di solidarietà familiare. Il Questore è chiamato ad una valutazione discrezionale sulla fondatezza dell’istanza, sulla base dei fatti esposti e degli elementi probatori forniti e acquisiti dagli organi investigativi e dalle persone informate sui fatti, senza che tuttavia sia necessario il compiuto riscontro della lesione al bene tutelato dalla norma penale, bensì soltanto la “ragionevole certezza”. Il Collegio ha ritenuto carente il “carattere persecutorio” nell’asserita condotta della madre, consistente nell’appostamento presso l’ateneo dove il figlio studiava, nell’inoltro di telefonate e in numerosi tentativi di un contatto con il figlio, i quali sarebbero accresciuti a seguito della vendita di un immobile da parte del figlio. A dir della Corte siffatte condotte non potevano essere considerate minacciose né moleste e dalle stesse non è conseguito il danno richiesto dalla normativa e consistente in un stato di ansia o di paura, ovvero nel timore per la propria incolumità o, infine, nell’alterazione delle abitudini di vita del figlio.