La mancata indicazione del lavoratore da sostituire trasforma il contratto a termine in tempo indeterminato
L’indicazione del nominativo del dipendente da sostituire è ancora
elemento essenziale per la validità del contratto a termine, anche nel
quadro della disciplina introdotta dal decreto legislativo 368/01. La
normativa, pur non richiamando espressamente tale requisito, non vuol
dire che lo neghi: il legislatore non potrebbe inserire mai una
disciplina innovativa riduttiva però del grado di tutela offerto in
precedenza ai lavoratori a termine. Pertanto, in conformità alla
normativa comunitaria e ai principi espressi dalla Corte
costituzionale, la mancata indicazione nel contratto del lavoratore da
sostituire rende inefficace il termine apposto. L’assunzione però si
trasforma in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, perché la
nullità non colpisce l’intero contratto ma solo il patto relativo al
termine. È quanto emerge dalla sentenza del 1° dicembre 2009 con cui il
Tribunale di Modica ha dichiarato l’inefficacia del termine apposto ad
un contratto di lavoro con Poste italiane, condannando così l’azienda a
riammettere in servizio la lavoratrice nel precedente posto con le
stesse mansioni. Sul punto, il magistrato siciliano ha anche richiamato
la giurisprudenza della Cassazione secondo la quale «all’illegittimità
del termine ed alla nullità della clausola di apposizione dello stesso
consegue l’invalidità parziale relativa alla sola clausola e
l’instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato: principio
applicato in fattispecie di primo ed unico contratto a termine.