La mediazione atipica e le conseguenze sul diritto a richiedere la provvigione
L’attenzione e la sensibilità dei giudici di merito rispetto alle problematiche che, più comunemente, affliggono il privato cittadino, aprono, spesso, nuovi sentieri del diritto, e, assestandosi sugli indirizzi più innovativi espressi dalla Suprema Corte, garantiscono una tutela rapida, territorialmente vicina e, perciò, più forte al soggetto contrattualmente più debole.
Ne è un esempio la pronuncia in commento in materia di diritto alla provvigione del mediatore immobiliare.
Il caso, molto frequente nella pratica, è quello che vede i promissori acquirenti concludere contratto di compravendita immobiliare con il promettente venditore senza coinvolgere l’agente immobiliare che li aveva fatti incontrare inizialmente; l’agente, scoperta l’intervenuta conclusione dell’affare, prontamente si attiva per il recupero giudiziale delle provvigioni seritamente maturate nei confronti di entrambe le parti relazionate notificando atto di citazione.
Nel caso in esame, i compratori convenuti resistono in giudizio e, qualificando il contratto quale mediazione atipica, eccepiscono, in via preliminare, la carenza di legittimazione passiva in capo a sé e nel merito, l’inesistenza del diritto azionato dall’attore per carenza di nesso causale tra condotta dell’attore e conclusione dell’affare, atteso che, nelle more tra la visita all’immobile e la compravendita, era intervenuta altra agenzia immobiliare, incaricata dal proprietario alla scadenza del mandato conferito all’attore.
Il processo ha visto uno sviluppo rapito perché, fallito il tentativo di conciliazione, il Giudice fissava udienza ex art. 281 sexies c.p.c. per la discussione della questione preliminare sollevata dai convenuti, ad esito della quale pronunciava la sentenza in commento.
All’udienza di discussione, la difesa attorea chiedeva il rigetto dell’eccezione sostenendo l’infondatezza e l’assurdità della ricostruzione fattuale e giuridica offerta dai convenuti e richiamando la disciplina tipica della mediazione, in particolare, l’art. 1755 c.c. che prevede il diritto del mediatore di richiedere la provvigione ad entrambe le parti messe in contatto.
La difesa dei convenuti sosteneva che l’attività svolta dall’attrice con riferimento alla vicenda in esame fosse da inquadrarsi, non già come mediazione tipica, bensì come MEDIAZIONE ATIPICA O UNILATARALE, figura elaborata dalla giurisprudenza della Suprema Corte in considerazione delle prassi commercilali seguite soprattuto nel settore della mediazione immobiliare qui rilevante.
Giova, a questo punto ricordare che la distinzione tra mediazione c.d. tradizionale ed atipica emerge chiaramente nelle sentenze Cass. Civ. n. 19066/2006, n. 24333/2008, nonché, da ultimo, dalla sentenza n. 16382/2009 che, richiamando le precedenti, individua in maniera chiara i due istituti e le relative differenze e conseguenze riguardo alla disciplina giuridica.
La mediazione c.d. ordinaria o tipica, disciplinata dagli artt. 1754 e ss c.c., consiste in un’attività di messa in relazione tra le parti che presenta le seguenti caratteristiche:
1) è posta in essere dal mediatore a prescindere da un apposito titolo o incarico; il mediatore è privo di vincoli ed in posizione di imparzialità tra le parti;
2) ha natura non negoziale, ma giuridica in senso stretto, perché i suoi effetti sono predeterminati dal legislatore e non è basati su di un contratto;
3) è fonte di obbligazione ex art. 1173 c.c., essendo individuata dal legislatore quale fatto idoneo a generare un rappporto obbligatorio;
4) dà vita un’obbligazione di risultato, essendo il diritto alla provvigione condizionato dall’intervenuta conclusione dell’affare cui l’attivtà era tesa;
5) concluso l’affare, ed in ragione della imparzialità ed equidistanza tra il mediatore e le parti relazionate, il diritto alla provvigione matura nei confrontii di entrambe.
Ciò premesso, laddove, il mediatore ponga in essere, non già una condotta di mera messa in relazione delle parti, ma agisca perché incaricato da una o più parti ai fini della conclusione dell’affare, laddove, cioè, ,– come nel caso in questione – l’attività di mediazione costituisca l’esecuzione di un incarico o mandatosi., allora è in presenza della c.d. mediazione atipica.
Questa figura giuridica. si distingue dalla preceente per i seguenti motivi:
a) il mediatore svolge un’attività in esecuzione di un’incarico divenendo, pertanto, un mandatario. Il conferimento di un incarico di mediazione è, di per sé, sufficiente a rendere la mediazione posta in essere in esecuzione dello stesso incompatibile con quella tradizione che, al contrario, presuppone che il mediatore compia attività di messa in contatto tra le parti SENZA preliminare assunzione di obblighi, rimanendo equidistante ed imparziale da entrambe;
b) ha natura negoziale ed è regolata dalle norme generali sul mandato oltre che e dal contratto predispoto tra le parti in ossequio al principio di automonia contrattuale, principio applicabile alla figura in esame per espressa derogabilità della disciplina tipica codicistica;
c) è fonte di obbligazione ex artt. 1322 e 1372 c.c.
d) il diritto alla provvigione matura SOLO NEI CONFRONTI DEL MANDANTE rispetto al quale il mediatore è contrattualmente vincolato e ciò in applicazione degli artt. 1372 c.c. (in contratto ha effetto tra le parti che l’hanno concluso – e l’eventuale promissario acquirente NON è parte contrattuale in questo senso) nonché 1709 e 1720 c.c.; (diversamente, nella mediazione ordinaria, il diritto matura nei confornti di entrambe le parti in ragione dell’assenza di vincoli del mediatore con una delle parti ).
“In conclusione: a) la mediazione “tipica” di cui all’art. 1754 c.c., comporta che il mediatore, senza vincoli e quindi in posizione di imparzialità, ponga in essere un’attività giuridica in senso stretto di messa in relazione tra due o più parti, idonea a favorire la conclusione di un affare; b) la stessa è incompatibile con un sottostante rapporto di mandato tra il c.d. mediatore ed una delle parti che ha interesse alla conclusione dell’affare stesso, nel qual caso il c.d., mediatore – mandatario non ha più diritto alla provvigione da ciascuna delle parti ma solo dal mandante” Cass. 16382/2009.
Ne deriva che in presenza di un mandato di mediazione che lega il mediatore ad una delle parti relazionate (ad esempio al promissario venditore), l’altra parte (promissaria acquirente) è esonerata dal pagamento della provvigione per espressa previsione normativa, anche indipendentemente dallo specifico contenuto del contratto di mediazione.
Nel caso in esame, era stato versato in atti il contratto di mediazione con cui il proprietario aveva conferito all’attore l’incarico di vendere il suo appartamento: alla luce di ciò, ed in ossequio all’insegnamento della Cassazione, l’attività svolta dal mediatore era chiaramente qualificabile in termini di mediazione atipica con la conseguenza che il diritto alla provvigione era maturato solo e soltanto nei confronti del proprietario mandate e non anche nei confronti dei convenuti.
Ad ulteriore sostegno del proprio dire, i convenuti evidenziavano che l’art. 8 del mandato di mediazione versato in atti e regolante il pagamento della provvigione, disponeva che “il venditore dovrà materialmente corrispondere detto compenso all’agente immobiliare entro 30 giorni dalla data di accettazione della proposta di acquisto” ponendo, così l’obbligo di corrispondere la provvigione a carico del solo venditore e senza menzionare che obbligo analogo avrebbe gravato in capo al compratore, in deroga alla norma dispositiva di cui all’art. 1755 c.c.
Posto, dunque, che la presenza di un mandato di mediazione è di per sé sufficiente ad escudere l’applicabilità della disciplina tradizionale di cui agli artt 1754 e seguenti c.c., nel caso in esame detta esclusione era confermata e corroborata dallo specifico contenuto del contratto che, espressamente, poneva l’obbligo di pagamento del compenso di mediazione a carico del solo venditore.
Le motivazioni della sentenza, rese contestualmente all’udienza di discussione, attestano la piena ed incondizionata adesione del Giudice alla tesi dei convenuti.
Viene in rilevo, poi, l’accortezza della scelta processuale compiuta del Giudice territoriale che, invece di rimandare la decisione sulla questione preliminiare alla fine dell’istruttoria, ha fissato udienza di discussione sul punto: così facendo, ha reso superflua la trattazione del merito, assicurando una risposta rapida e chiara alla domanda di giustizia.
Da notare, infine, la lungimiranza e l’innovatività della pronuncia in commento riconosciuta, peraltro, dallo stesso Giudice che, in punto spese, dispone una compensazione parziale tra le parti, motivando con riguardo al non pacifico inquadramento giurisprudenziale del contratto in questione.