Buone notizie per la pensione dei professionisti che hanno visto accavallarsi diversi regimi di calcolo nella loro vita professionale. Il computo dovrà tener conto di tutti i passaggi normativi e non potrò basarsi solo sul sistema più sfavorevole. Sono, infatti, illegittime le deliberazioni delle Casse di previdenza dei professionisti che nella liquidazione della pensione non tengono conto del principio del pro rata. Una regola che permette di applicare ai diversi periodi di maturazione del diritto al trattamento pensionistico, le diverse leggi così come si sono succedute nel tempo. Per evitare ricadute troppo pesanti sui pensionandi che si troverebbero a veder mutate in corsa le regole del gioco. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con due sentenze depositate oggi, nn. 8847 e 8848. Liquidazione più generosa
Il principio enunciato nelle due sentenze è lo stesso ma viene applicato a parti rovesciate. Nella prima a ricorrere è la Cassa nazionale di previdenza dei dottori commercialisti che vede rigettato il proprio ricorso contro una sentenza della Corte di Appello di Genova che l’aveva condannata a pagare a un professionista, ormai in pensione, la somma di 164mila euro a titolo di differenze pensionistiche. Mentre la seconda sentenza, la n. 8848, accoglie il ricorso di un pensionato contro la Cassa, dopo aver perso in Appello, perché la Corte territoriale di Firenze aveva ritenuto legittimo il metodo di liquidazione utilizzato dalla Cassa sulla base di un proprio regolamento del 2002 più penalizzante rispetto al sistema del pro rata, previsto invece dalla legge 335/1995. In sostanza, la Cassa dei dottori commercialisti nel 2002 aveva stabilito con un proprio regolamento interno che il reddito di partenza per la liquidazione della pensione non fosse più calcolato come era in precedenza sulla base «dei quindici redditi annuali dichiarati dall’iscritto ai fini Irpef per gli ultimi venti anni di contribuzione», ma, viceversa, sulla base «della media di tutti i redditi professionali annuali». Con l’unico limite che la misura del trattamento non scendesse sotto l’80% della pensione calcolata col vecchio metodo. Un metodo penalizzante perché teneva conto anche dei redditi percepiti nei primi anni della professione, di norma più bassi.
Il passaggio deve essere soft
Un sistema conveniente per le Casse che però non tiene conto del fatto che il Legislatore, anche nel passaggio dal metodo retributivo a quello contributivo, ha sempre cercato di evitare salti troppo repentini e penalizzanti per i pensionandi. Dunque, per i giudici di Piazza Cavour la delibera assunta in violazione della regola del pro rata, prevista dalla legge 335/1995, è illegittima. E anche la disposizione di salvaguardia delle deliberazioni in materia previdenziale adottate dagli enti contenuta nella legge di riforma, la n. 296/2006, non vale comunque a «sanare la illegittimità dei provvedimenti adottati in violazione della precedente legge vigente al momento della loro emanazione».