La protesta online delle vittime dei «deal»
Megasconti, ma anche insoddisfazione. Non solo offerte eccezionali per
giri in Ferrari o in mongolfiera. Il fantastico mondo di Gropoun, il
sito di social shopping approdato in Italia 18 mesi fa, oggi si popola
di proteste, reclami, minacce di denunce. Malcontento tra gli utenti, ma
pure fra le aziende che dovrebbero erogare i servizi. A sorpresa, il
trionfo dei deals spesso non fa felici i partner di Groupon. Come
è possibile? Schiacciate dall’enorme numero di acquisti o prenotazioni,
a volte le società si trovano costrette a bloccare le forniture oppure a
ritardarle senza tempi certi.
IL CASO – È successo a una pasticceria di Milano, la prima nel
capoluogo lombardo ad aver aderito all’offerta di vendere paste e torte
sotto costo: 9 euro al chilo, anziché 24, una proposta lanciata il 28
novembre. Come è andata? Un successone. Peccato che i seicento coupons
venduti in pochi giorni non facciano sorridere i titolari. Troppo
lavoro sotto Natale, in più perdite sicure nel bilancio. «Abbiamo
avvertito il sito — spiega la pasticciera —, purtroppo per dicembre non
possiamo prendere prenotazioni per i clienti di Groupon. Il buono vale
sei mesi — promette la pasticciera — quindi, riprenderemo la fornitura
dopo le feste». Dai dolci alle vacanze. Non sono stati fortunati neppure
quelli che per Capodanno avevano contato su un bel soggiorno in
Sardegna, in un hotel a quattro stelle, antica residenza nobiliare
risalente al XVIII secolo «una delle più rappresentative abitazioni
padronali di Sardara e del Medio Campidano». Novecentocinquanta coupons
venduti a fronte di 50 concordati. Per questo «Casa Diana» ha annullato
il contratto, con un annuncio sul proprio sito per placare l’ira dei
consumatori. E un consiglio: «Chiedete il rimborso a Groupon». Una
parrucchiera bolognese, Roberta Zanarini, invece, sta provando da un
mese a rescindere il contratto di fronte alla mole di shampoo, tagli,
meches, colore e altro ancora, che l’aspetterebbe se dovesse soddisfare
in sei mesi i 450 coupon venduti in ottobre, a soli 29 euro. «Non so più
come uscirne — racconta —, quelli di Groupon mi avevano promesso un
centinaio di acquisti, invece mi sono trovata travolta dalle
prenotazioni. Se rifiuto, la gente se la prende con me, invece non sa
che i soldi finiscono nelle casse dell’azienda e noi partner li
prendiamo solo a prestazione erogata». Quanto guadagna un partner? «Nel
mio caso, ma credo sia abbastanza la regola, prenderò il 50 per cento di
quello che i clienti pagano per il coupon, il resto lo trattiene il
sito».
LA PALESTRA – Sempre a Bologna c’è una palestra che ha registrato
il record di acquisti: 600 abbonamenti, quando ne erano stati
concordati appena 80. «Conosco il titolare — spiega Roberta —, adesso ha
problemi grossi con la clientela storica, troppi iscritti e disagi per
tutti». C’è anche un’estetista nei guai, che chiede di non rivelare il
nome: «Seicentocinquanta coupon venduti da smaltire giro di sei mesi, in
pratica 6.500 fanghi che neppure le terme di Salsomaggiore potrebbero
effettuare». Casi italiani. Ma il ciclone Groupon ha scosso anche i
partner inglesi. Il problema sembra sempre il medesimo. Si lamenta sulle
pagine del Daily Mail mister Harman, 53 anni, titolare di un pub
famoso per il patè di fegato di pollo: «Negli ultimi sei mesi ho
sgobbato per preparare 750 pranzi. Il guadagno? 5 sterline e mezzo a
pasto». Sono andati a ruba anche i coupon per l’acquisto di cupcakes,
102 mila pezzi venduti in pochi giorni, gioia per il palato dei
fortunati acquirenti, ma anche rovina per la pasticciera inglese Mrs
Brown: «Per soddisfare gli ordini dovrò assumere altri dipendenti, ho
fatto i conti: perderò 2 sterline e mezzo per ordine».
SU FACEBOOK – Sul fronte dei consumatori la protesta infuria su
Facebook. Sono quasi 350 i clienti delusi (numero in costante crescita)
che gridano vendetta. Determinati, ostinati, irriducibili, si sono
riuniti in gruppo tre settimane fa. Non solo per riavere i soldi, ma
anche per demolire l’immagine del «market» con una pubblicità negativa
che, al primo impatto, scoraggerebbe chiunque dall’intraprendere
qualsiasi acquisto virtuale. Il gruppo si chiama «Groupon: problemi e
denunce», e cerca di affrontare difficoltà e intoppi legate a
compravendite non andate a buon fine. Storie natalizie, come quella di
Elena di Milano: «Ho comprato un albero di Natale il 27 novembre,
regolarmente pagato, con una e-mail di conferma inviatami da Groupon:
mai consegnato. Ho mandato decine di e-mail e perso ore in telefonate
senza avere alcuna risposta dal sito. Ieri ho inviato una diffida con un
ultimatum, se non vengo risarcita, farò una denuncia». Regali natalizi
mancati per Emanuela P. di Varese: «Io ho ordinato due paia di Ugg
(stivali in montone, ndr) il 26 ottobre. Nonostante abbia mandato
sollecitazioni via e-mail e chiamato diverse volte il servizio clienti,
non ho ottenuto alcun risultato. Inutile dire che gli stivali non li
voglio più e rivoglio i miei soldi, 149 euro, sulla carta di credito».
I SUGGERIMENTI – I consigli su Fb non mancano. Chi ne sa di più è
Fabrizio Gallina, che insieme a Roberto Poggi è tra i fondatori del
gruppo: «Avevo comprato un Iphone che naturalmente non è mai arrivato.
Dopo mesi di insistenze, ho cercato di guardarmi intorno, e su internet
ho cercato persone che come me avevano avuto una brutta esperienza. Ora
eccomi qua, attraverso il gruppo su Facebook, aiuto chi non sa come
uscire dalla rete di Groupon». Un altro punto di contestazione è quello
delle fatture. Argomento forte di Roberto Poggi, che dalle pagine del
social network non si stanca di raccomandare di farsele mandare: «Spesso
non arrivano con il prodotto, e a farne le spese è la durata della
garanzia. Anche in questo caso la parola d’ordine è «non demordere».
LA DIFESA – Come si difende Groupon? «Non in tutti i casi si
stabilisce un limite alle vendite — spiega Federica Moscheni,
communication manager —, se esiste, noi rispettiamo il tetto massimo
fissato nel contratto. Quando non c’è, e il problema è legato al partner
che non riesce a soddisfare l’acquirente, l’utente può chiedere il
rimborso a noi». E il caso dell’hotel sardo, Casa Diana? «Abbiamo
sbagliato noi. C’è stato un ritardo nella comunicazione del numero dei
coupons da vendere e non abbiamo fatto in tempo a bloccare l’offerta.
Per questo abbiamo già provveduto ai rimborsi».Nessuna obiezione, peroò,
sui problemi con la clientela: «Sappiamo che ci sono delle lamentele,
ma tutto è legato al business che in Italia è cresciuto molto
rapidamente. Cerchiamo di migliorare, di fare di meglio, ma ci sono
anche i clienti soddisfatti: loro, di certo, non si fanno sentire».
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