L’accertamento Iva è valido anche quando il verbale della Finanza è incompleto
Non conta che il verbale della Guardia di finanza
non descriva in modo puntuale la verifica effettuata: l’accertamento
Iva resta legittimo. Lo precisa la sentenza 3569/10, emessa dalla
sezione tributaria della Cassazione.
Ha un bel dire la società finita
nel mirino del Fisco: il processo verbale di constatazione non racconta
passo dopo passo le fasi dell’istruttoria compiuta durante la verifica.
Ma questo non autorizza affatto a ritenere che il successivo atto
impositivo sia automaticamente illegittimo. Le ispezioni compiute dalla
polizia tributaria e dagli uffici finanziari costituiscono un’attività
di natura amministrativa: devono sì rispettare una serie di cautele per
evitare abusi nei confronti del destinatario, ma non sono rette dal
principio del contraddittorio con il contribuente. Poniamo che nei
verbali giornalieri dell’ispezione manchi l’indicazione di alcune
irregolarità accertate work in progress dalla Finanza: il contribuente
può denunciarlo davanti al giudice, mettendo in discussione
l’attendibilità delle risultanze acquisite e chiedendo che non siano
utilizzate. Di più non può fare: è solo con l’atto di accertamento,
infatti, che l’amministrazione finanziaria contesta davvero al
contribuente gli addebiti. Nel farlo, tra l’altro, il Fisco può
mostrare di avere un parere diverso da quello di chi ha compiuto la
verifica. E l’articolo 52, comma 6, del Dpr 633/72 non prevede la
sanzione di nullità per l’inosservanza delle sue prescrizioni: il pvc
incompleto, insomma, da solo non può inficiare la validità dell’atto.
Il diritto di difesa del contribuente non risulta violato perché si
tratta di elementi a lui già noti.