L’adesivo sul cassonetto dei rifiuti è pubblicità. Ma l’azienda evita la sanzione
Galeotto fu il cassonetto. I contenitori della
nettezza urbana, specie nelle grandi città, pullulano di adesivi che
reclamizzano l’attività di aziende e artigiani: dai motorecapiti agli
idraulici, fino agli svuotacantine. Il messaggio è comunque
pubblicitario e per l’affissione senza autorizzazione scatta la multa:
l’azienda, però, evita la sanzione se non si accerta il rapporto fra
l’autore della trasgressione e chi beneficia dell’attività
promozionale. Lo precisa la sentenza 26927/09, emessa dalla seconda
sezione civile della Cassazione.
La Suprema corte decide nel
merito annullando l’ordinanza ingiunzione emessa dal Comune di Roma ai
danni di un’azienda di recapiti espressi. È rimasta ignota la mano che
attaccava gli adesivi “incriminati” con il numero telefonico della
società: eppure il giudice di prime cure condanna la società a pagare
la multa per l’affissione abusiva. Perché sbaglia? È vero: la
responsabilità solidale di chi beneficia del messaggio pubblicitario è
sì prevista dall’articolo 6, comma 2, del D.Lgs 507/93 ma riguarda
soltanto l’obbligazione tributaria. Per la sanzione amministrativa il
discorso cambia. La responsabilità solidale si configura per l’azienda,
così come per l’ente privo di personalità giuridica, quando la
violazione è commessa da un suo rappresentante o dipendente. E
altrettanto vale se il rapporto con il trasgressore si configura in
termini di affidamento, inteso come consegna materiale, o di
avvalimento, con l’azienda che riveste il ruolo del committente. È però
sempre necessario che l’attività pubblicitaria sia riconducibile alla
società: va esclusa la responsabilità “oggettiva”, vale a dire che la
solidarietà possa scattare per il solo fatto di aver potuto trarre
giovamento dal messaggio promozionale.