L’agenzia delle Entrate annuncia ricorso in Cassazione contro la sentenza del giudice di Napoli sulla illegittimità del redditometro
L’Agenzia delle Entrate ha annunciato ricorso in Cassazione contro la sentenza del giudice di Napoli che ha dichiarato illegittimo il redditometro per violazione della privacy. La questione sorge perché un pensionato di Napoli, ancor prima che entrasse in vigore la legge sul redditometro (che di fatto verrà applicato solo da marzo), ha proposto un ricorso preventivo (cioè senza che ci sia stato fatto su di lui alcun controllo o accertamento formale da parte della Agenzia delle Entrate) sulla legittimità del redditometro per violazione appunto della sua privacy e di quella della sua famiglia e il giudice del tribunale della sezione distaccata di Napoli, gli ha dato ragione. È necessaria una premessa però al riguardo, ovvero che la sentenza del giudice di Napoli non è valida erga omnes(cioè non è applicabile a tutti i contribuenti) ma solo ad personam cioè sarà valida solo per quel pensionato che ha fatto un ricorso preventivo sulla legittimità del redditometro. Ciò significa che l’Agenzia delle Entrate ha avuto un ordine, da un giudice di tribunale, di non invadere la privacy di quel cittadino, mentre lo potrà fare ancora nei confronti di tutti gli altri contribuenti. Annunciando il ricorso in Cassazione, l’Agenzia delle Entrate spiega che non vi è alcuna violazione della privacy, perché tutti i dati che l’Agenzia conoscerà sono tutte le spese che il contribuente deciderà di portare in detrazione quindi di dichiarare, mentre nulla saprà nel caso in cui il contribuente decida di non voler portare nessuna spesa in detrazione nella dichiarazione dei redditi.
Il redditometro, infatti, si applicherà su spese certe (cioè si cercano dati già in possesso dell’Agenzia delle Entrate risultanti dall’anagrafe tributaria perché riportate in dichiarazione) che non risulteranno congrue rispetto al reddito dichiarato. L’accertamento scatterà solo là dove la differenza tra il reddito dichiarato e ciò che l’Agenzia delle Entrate ha ricostruito come spesa (sempre in base ai dati forniti in dichiarazione dallo stesso contribuente) sarà superiore al 20% e anche oltre il 20% nella prima fase di applicazione della legge sul redditometro. I controlli verranno fatti a campione su 35.000 dichiarazioni di redditi, e ciò che verrà esaminato tra le spese certe, sarà anche la macchina che si possiede, o se si possiede una barca o un aereo per esempio e quindi tutto ciò che è in dichiarazione. Guardando le spese dichiarate, l’Agenzie delle Entrate applicherà Il coefficiente ISTAT solo in contradditorio ciò solo nel caso in cui scatti l’accertamento come abbiamo innanzi detto. Non c’è violazione della privacy – dice l’agenzia delle entrate- perché non si saprà mai perché il contribuente spende i soldi (per fare un esempio concreto non saprà l’agenzia cosa il contribuente comprerà in farmacia), ma saprà solo i soldi che il contribuente spenderà in base a ciò che egli vorrà dichiarare per ottenere poi la detrazione delle spese stesse.
Il redditometro, introdotto da Tremonti, in realtà è stato molto discusso anche da gran parte della classe politica, perché si ritiene poco efficace e, a fronte di efficacia quasi nulla, comporterà invece un gran dispendio di energie amministrative.
Il fisco – ribadisce l’Agenzia delle Entrate – non verrà veramente a controllare gli scontrini fiscali del ristorante o del parrucchiere, non bisogna veramente conservare gli scontrini, perché solo quando ci sarà un grande discostamento tra le spese dichiarate e il reddito dichiarato, verranno applicate, come riferimento, le spese medie stabilite dall’ISTAT. Quindi – ribadisce l’Amministrazione- solo in fase di contradditorio. In pratica e per riassumere, nell’applicazione del redditometro si partirà da spese certe cioè da spese che sono in dichiarazione perché indicate dal contribuente ed in possesso dell’Agenzia delle Entrate per volontà stessa del contribuente. Non c’è alcuna violazione della privacy, secondo l’Agenzia delle Entrate, perché i dati sono in anagrafe tributaria e perché il contribuente ha deciso di inserirli in dichiarazione al fine di chiederne la detrazione dal reddito per ridurre il reddito stesso e quindi pagare meno tasse, ma se deciderà di non inserire alcuna spesa, l’Amministrazione nulla saprà al riguardo della vita privata del contribuente.
Articolo a cura dell’avv. FLORIANA BALDINO del foro di Trani (BT)