L’aiuto domestico dello straniero configura un rapporto di lavoro subordinato
(Cass. n.25859/10)
Le prestazioni rese da uno/a straniero/a a favore di una famiglia ospitante, consistenti in una partecipazione ai normali lavoro casalinghi, si presumono effettuate nell’ambito di un rapporto di lavoro domestico, a meno che non sia fornita la prova della ricorrenza dei presupposti di lavoro c.d. alla pari. Così ha stabilito la Corte di Cassazione censurando la sentenza di appello che erroneamente aveva ritenuto che il rapporto in questione fosse sorto esclusivamente per ragioni umanitarie senza dare il dovuto rilievo alla causa del negozio intercorso tra le parti in relazione allo scambio tra le prestazioni tipiche del lavoro domestico e compenso, oltre al vitto ed alloggio.Secondo la Corte “… la sentenza impugnata contrasta con il principio di diritto secondo cui lo scambio di prestazioni di lavoro domestico rese da una straniera estranea alla famiglia, contro vitto e alloggio e retribuzione pecuniaria sia pure modesta dà luogo a rapporto di lavoro subordinato, ove non risultino tutti gli elementi del rapporto cosiddetto alla pari, richiesti dalla legge 18 maggio 1973 n. 304″.