L’assegnatario perde la casa familiare se non trascrive prima della vendita
Solo la trascrizione del provvedimento rende opponibile al terzo il
relativo diritto oltre il novennio decorrente dalla prima assegnazione;
il terzo che trascrive il proprio acquisto dopo il provvedimento di
assegnazione ma prima che questa sia trascritta può agire per il
rilascio, anche nell’ipotesi in cui fosse a conoscenza della pregressa
assegnazione.
Il caso. Il 16 dicembre 1988 il Presidente del
Tribunale di Salerno aveva assegnato, con provvedimento provvisorio ex
art. 708 c.p.c., la casa familiare – facente parte di un più ampio
compendio – alla madre collocataria dei figli minori. Il 7 giugno 1991
il padre/proprietario aveva venduto l’immobile (di cui una parte,
appunto, adibita a casa familiare e oggetto di assegnazione) a un terzo
il quale aveva poi trascritto il proprio acquisto il 10 giugno 1991. Il
21 ottobre 1998 – otto anni dopo l’acquisto da parte del terzo – il
Tribunale di Salerno aveva confermato l’assegnazione con sentenza, poi
trascritta dalla donna il successivo 6 marzo 1999. Il 1° febbraio 2000
il terzo acquirente aveva citato in giudizio l’assegnataria chiedendo
il rilascio dell’immobile, per spirare del termine novennale (16
dicembre 1997).
Il Tribunale di Salerno, con sentenza del 16
novembre 2004, aveva ordinato il rilascio dell’immobile e condannato la
convenuta al risarcimento del danno per abusiva occupazione.
La
sentenza era stata confermata in sede di gravame, considerato che
secondo la Corte d’appello di Salerno: (i) ai fini dell’opponibilità
dell’assegnazione oltre i nove anni è necessaria la trascrizione del
provvedimento che l’ha disposta, anche qualora ciò sia rappresentato
dall’ordinanza provvisoria (che, nel caso di specie, essendo datata 16
dicembre 1998, in assenza di trascrizione avrebbe consentito la
legittima opposizione al terzo del diritto di godimento sino al 16
dicembre 1997); (ii) nel caso di specie il terzo aveva trascritto il
proprio acquisto il 10 giugno 1991, mentre l’assegnataria aveva
compiuto la medesima formalità, con riferimento alla sentenza, solo il
successivo 6 marzo 1999; (iii) il diritto del terzo acquirente era
divenuto prevalente su quella della donna allo scadere del termine
novennale della prima assegnazione e, dunque, il 16 dicembre 1998, data
dalla quale la donna, ancorché agisse a tutela della prole, avrebbe
dovuto rilasciare l’immobile essendo il suo titolo (la sentenza del
Tribunale) trascritto dopo la trascrizione del titolo da parte del
terzo.
Il ricorso in Cassazione. Contro la sentenza ha proposto
ricorso in Cassazione la moglie deducendo violazione dell’art. 155 cod.
civ., per non avere la Corte territoriale tenuto in alcun conto che: a)
in forza della decisione della Corte Costituzionale del 1989 (che ha
esteso l’opponibilità e la trascrivibilità del provvedimento di
assegnazione emesso in sede di divorzio anche a quello, di analogo
contenuto, emesso in sede di separazione) l’assegnazione, per essere
opponibile al terzo oltre il novennio, deve essere trascritta solo nel
caso in cui il terzo non fosse a conoscenza del provvedimento di
assegnazione; b) nel caso in esame il terzo acquirente, invece, era
perfettamente a conoscenza dell’assegnazione, per essere stato il
relativo provvedimento (del 1988) menzionato dalle parti nell’atto di
trasferimento della casa coniugale e poi allegato alla nota di
trascrizione; c) la trascrizione dell’atto di acquisto del terzo che
riportava anche l’assegnazione aveva comportato implicitamente anche la
trascrizione del relativo provvedimento presidenziale; d) la ricorrente
si era trovata nell’impossibilità materiale di trascrivere il
provvedimento di assegnazione, giacché la soprarichiamata decisione del
Giudice delle Leggi era intervenuta (1989) solo l’anno dopo il
provvedimento di assegnazione (1988) e, comunque, dopo la trascrizione
dell’atto di acquisto da parte del terzo.
La decisione della Corte. La Corte ha respinto il ricorso e confermato la sentenza stabilendo i seguenti principi:
a)
“del tutto irrilevante, ai fini dell’opponibilità all’acquirente
dell’immobile del provvedimento presidenziale, è la circostanza che il
titolo di acquisto . contenesse l’indicazione specifica dell’esistenza
del diritto (dell’assegnataria, nda) e della sua fonte”, giacché è
principio consolidato che “per stabilire se e in quali limiti un
determinato atto o una domanda giudiziale trascritta sia opponibile ai
terzi, deve aversi riguardo esclusivamente alla nota di trascrizione .
senza potersi attingere elementi dai titoli presentati e depositati con
la nota stessa” (Cass. 2006/13137; Cass. 1991/19774; 1998/12098).
b)
“L’unica disciplina dell’opponibilità a terzi di un atto è quella
derivante dalla trascrizione e dalla conoscibilità legale dell’atto
medesimo da parte del terzo”, cosicché “il provvedimento di
assegnazione dell’abitazione della casa familiare in tanto è opponibile
oltre il novennio al terzo in quanto sia stato precedentemente
trascritto (Cass. 2003/5067)”.
I problemi aperti. La tutela debole dell’assegnatario.
Dal
punto di vista logico sistematico la decisione della Corte di
Legittimità è assolutamente ineccepibile, giacché riporta,
correttamente, i principi ormai consolidati da tempo e in funzione dei
quali: a) l’assegnazione non ha natura di diritto reale bensì di
diritto personale di godimento; b) in parallelo con la locazione, anche
il diritto di abitare la casa coniugale, dopo la separazione, è
opponibile al terzo acquirente per nove anni dall’emissione del
provvedimento, senza la necessità di trascrizione; c) oltre i nove anni
l’assegnazione, per essere ulteriormente opponibile, deve essere
trascritta, indipendentemente dal fatto che il terzo fosse o meno a
conoscenza del vincolo.
La decisione, al pari di quella della
Corte territoriale, presuppone, però, un fatto non vero o, comunque
sia, assolutamente non certo, ovverosia la trascrivibilità del
provvedimento presidenziale di assegnazione della casa coniugale. Sul
punto, la prassi delle varie Conservatorie è assolutamente variegata ma
si deve tendere per concludere che la maggior parte di esse rifiuti la
trascrizione dell’ordinanza provvisoria, vuoi perché non assimilata al
concetto di sentenza ex art. 2643 c.c., vuoi perché molte volte i
Conservatori rifiutano la trascrizione sul presupposto che le ordinanze
presidenziali (quasi) mai recano l’identificazione catastale
dell’immobile oggetto di assegnazione.
Il quadro di tutela
risulta ancora più sconfortante se poi si considera che: (i) molte
Conservatorie rifiutano la trascrizione del ricorso per separazione
contenente domanda di assegnazione (affermano la legittimità del
rifiuto: Trib. Pisa 27 febbraio 2008; Trib. Salerno 8 maggio 2007; la
negano, invece, Trib. Milano 26 aprile 1997; Trib. Reggio Emilia 13
aprile 2006, Trib. Venezia, 20/07/1993); (ii) secondo parte della
giurisprudenza di merito (cfr. Corte d’appello di Firenze, 27 settembre
2007) il coniuge assegnatario non ha interesse a reclamare il
provvedimento di diniego di trascrizione (o di trascrizione con
riserva) del Conservatore, giacché l’assegnazione è comunque opponibile
al terzo nei limiti del novennio; (iii) la giurisprudenza prevalente
esclude la possibilità di chiedere il sequestro della casa coniugale,
nelle more dell’udienza presidenziale, sul presupposto dell’intenzione
del coniuge di cedere a terzi l’immobile (cfr. Trib. Napoli 10 novembre
1995; Trib. Salerno 8 maggio 2007, cit.)
Dall’esame della
prassi, dunque, emerge che, ancora oggi, a vent’anni di distanza
dell’intervento della Corte Costituzione e nonostante l’intervento
della L. 54/06 (sul punto omissiva), il diritto della prole di poter
continuare a godere dell’habitat familiare di riferimento è minato da
una serie di trappole che, in alcuni casi, ne vanificano l’effettività.
Come
nel caso in commento, infatti, sarà sufficiente per colui che subisce
l’assegnazione, cedere l’immobile dopo l’udienza presidenziale e prima
della sentenza, oppure farlo nell’imminenza dell’udienza medesima, per
poter porre al riparo, per il periodo successivo al novennio, il
proprio compendio immobiliare dal vincolo dell’assegnazione.