Laureati? Più disoccupati e poveri
I laureati dei giorni nostri? Sono giovani che hanno sempre meno
lavoro, che spesso vanno ad arricchire l’esercito dei precari a lungo
termine e che, anche quando riescono ad ottenere un contrattino, si
ritrovano con buste paga sempre più leggere. Questo è quanto emerge dal
nuovo Rapporto AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei “dottori”
italiani, un quadro davvero a tinte fosche per quella che è stata
ribattezzata “generazione mille euro”.
L’indagine,
che ha coinvolto oltre 210mila laureati, mostra, come spiegato da
Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea, “una situazione assai
preoccupante. La congiuntura economica internazionale è sospesa fra
timidi segnali di ripresa ed impatti negativi sull’occupazione.
L’Italia vive in modo particolare questo passaggio con un
deterioramento nei mercati del lavoro che fa lievitare disoccupazione e
scoraggiamento tanto più consistenti nel Mezzogiorno e fra le donne, e
che colpisce soprattutto i più giovani”.
Disoccupazione in aumento anche per le lauree “forti”, come ingegneria
Dall’analisi
è emerso che rispetto all’anno prima è aumenta ancora la disoccupazione
tra i laureati. Non solo fra quelli che hanno conseguito la laurea
triennale, dal 16,5% al 22%, ma anche fra i laureati magistrali: dal
14% al 21%, e fra gli specialistici a ciclo unico (medici, architetti,
veterinari, ecc.): dal 9% al 15%. Una tendenza questa, spiega il
rapporto, che si registra indipendentemente dal percorso di studio
(anche fra quelli tradizionalmente più solidi come quelli
ingegneristici per limitarci ad un esempio) e dalla sede dove si è
studiato e che si estende anche ai laureati a tre ed a cinque anni dal
conseguimento del titolo.
Buste paga sempre più leggere
Il
guadagno di un neolaureato, secondo quando emerge dall’indagine di
Almalaurea, supera complessivamente i 1.050 euro netti mensili: in
termini nominali 1.057 per gli specialistici, 1.109 per il primo
livello, 1.110 per gli specialistici a ciclo unico. Rispetto alla
precedente rilevazione, le retribuzioni nominali risultano in calo per
tutte le tipologie di lauree considerate: la contrazione oscilla dal 2%
tra i laureati di primo livello, al 3% tra i colleghi a ciclo unico
fino a lievitare al 5% tra quelli specialistici. Con tali premesse, si
legge nel rapporto, “è naturale attendersi un quadro ancor più critico
se si considerano le retribuzioni reali, ovvero se si tiene conto del
mutato potere d’acquisto: in tal caso, infatti, le contrazioni sopra
evidenziate risultano accentuate di circa un punto percentuale in tutti
i percorsi esaminati”.
Si arricchisce l’esercito dei precari
La
stabilità dell’impiego a dodici mesi dal titolo, già non
particolarmente consistente, risulta per tutti i collettivi in esame in
calo rispetto alla precedente rilevazione, con la sola eccezione degli
specialistici a ciclo unico (per i quali il lavoro stabile, rimasto
sostanzialmente invariato, è pari al 36%): la contrazione è di 3 punti
percentuali per i laureati di primo livello (il lavoro stabile è pari,
quest’anno, al 36%), mentre è di 2 punti per i colleghi specialistici
(che corrisponde ad una quota di occupati stabili pari al 26%). Il
confronto tra pubblico e privato consente di sottolineare come, ancora
a cinque anni, la precarietà caratterizzi ampiamente il settore
pubblico (63%, in particolare legato alla maggiore diffusione dei
contratti a tempo determinato) contrariamente a ciò che avviene nel
settore privato, dove la stabilità è raggiunta dal 68% di chi vi lavora
(l’analisi è opportunamente circoscritta ai lavoratori non autonomi che
hanno iniziato l’attuale attività lavorativa dopo aver acquisito il
titolo).