Lavoratore in mobilità con nuova relazione può ridurre il mantenimento alla ex
Tempi di crisi. Aumentano i lavoratori in mobilità. E’ c’è anche chi deve
far fronte agli impegni economici che nascono da una nuova relazione
stabile. Cosa fare allora se il mantenimento alla ex è diventarto troppo
oneroso? Ce lo spiega la corte di Cassazione. Il lavoratore in mobilità
con nuovo legame stabile ha diritto a una riduzione dell’assegno di
mantenimento versato all’ex. Ciò che conta infatti è la nuova situazione
lavorativa del coniuge obbligato e la parallela nuova situazione
familiare con gli obblighi in capo a lui appena sorti in conseguenza
della stabile relazione e del figlio che gli era nato. La decisione
della prima sezione civile della corte (sentenza n. 26771, depositata il
13 dicembre 2011). In primo grado, il Tribunale aveva dichiarato la
cessazione degli effetti civili del matrimonio tra i due coniugi e con
sentenza definitiva, aveva determinato la misura dell’assegno divorzile
includente la parte relativa al mantenimento del figlio maggiorenne. La
somma era stata ridotta rispetto a quanto in precedenza stabilito in
sede di separazione.
La donna in appello aveva chiesto una nuova determinazione dell’assegno
divorzile ma la Corte di Appello di Bari aveva rigettato le richieste.
Rispetto all’originaria situazione economico sociale riconosciuta dalle
parti con gli accordi di separazione, si era verificata una novità,
negativa per l’ex marito, costituita dalla sua messa in stato di
mobilità. La Corte di Appello considerava pertanto corretta la decisione
del primo giudice della riduzione del 10% della somma originariamente
fissata negli accordi di separazione. Contro questa sentenza ricorreva
per cassazione la donna e, in riferimento alla violazione dell’articolo
132 co. 2, cpc, nonché dell’art. 118 delle disposizioni di attuazione
del medesimo codice (dalle quali sarebbe derivata, secondo l’ex moglie,
la nullità della sentenza impugnata, in quanto la misura dell’assegno,
che il giudice di secondo grado non ha motivato ma invece ha richiamato
puramente e semplicemente la sentenza di secondo grado senza fornire una
sua propria motivazione con riferimento alle necessità istruttorie
poste dall’appello), la Corte ha spiegato che “la sentenza impugnata non
si è limitata, come sostiene la ricorrente, a richiamare la sentenza
del primo giudice. Essa infatti dopo aver ritenuto puntuale la
motivazione del primo giudice che ritiene di fare propria, precisa, con
grande sintesi ma con altrettanta precisione, il punto relativo al
contrasto tra le parti dovuto alla diminuzione dell’assegno del 10%,
menzionando le circostanze che, a suo avviso condivisibilmente, il primo
giudice aveva valorizzato. Ovvero la nuova situazione lavorativa
(dell’ex marito) e la parallela nuova situazione familiare con gli
obblighi in capo a lui appena sorti in conseguenza della stabile
relazione e del figlio che gli era nato. Ne deriva che la motivazione,
che ribadisce la decisione del primo giudice di ridurre l’assegno
rispetto alla misura fissata in sede di separazione, e l’affermazione
della non proponibilità di domande estranee al petitum originario in
quanto irritualmente o tardivamente presentate, sostiene adeguatamente
la decisione di rigettare l’appello”.