Lavoratore statale part time: pensione ridotta in proporzione alle ore lavorate
1. Nell’unico motivo l’INPS deduce violazione ed erronea interpretazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 185 e 187, in una con vizio di motivazione. Censura la sentenza impugnata per aver interpretato il comma 185 come affermativo – per i lavoratori che usufruiscono della facoltà (prevista dalla suddetta disposizione normativa) di acquisire la pensione di anzianità, trasformando il rapporto di lavoro in rapporto a tempo parziale – di una garanzia di intangibilità della pensione nell’importo minimo del 50%. In realtà, prosegue l’INPS, la norma di legge in questione non contiene affatto una simile previsione – riferendosi l’espressione “..riduzione comunque non superiore al 50%…”, nella stessa contenuta, non già all’importo della pensione, bensì all’orario di lavoro, come, peraltro, è espressamente previsto nel D.M. n. 331 del 1997, secondo cui “..la prestazione a tempo parziale …è fissata in misura non inferiore al 50% dell’orario pieno”.
2. Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso, formulate dai controricorrenti ai sensi degli artt. 366 e 366 bis c.p.c., e con cui si deduce, per un verso, che, in questa sede, l’INPS ha completamente mutato la propria impostazione difensiva, avendo sostenuto nei giudizi di merito, che la L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 185 stabilisce l’intangibilità del 50% della pensione; e, sotto altro profilo, che nel motivo di ricorso non sono individuate le statuizioni della Corte di merito sottoposte a censura.
3. Entrambe le eccezioni sono prive di fondamento, posto che, all’evidenza, il ricorso censura la statuizione della Corte territoriale che ha interpretato la L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 185 come impositivo della regola della intangibilità, nella misura del 50% della pensione da liquidare ai dipendenti che abbiano optato per la trasformazione del rapporto da tempo pieno a part-time;
prospetta, quindi, una questione di diritto che, pur se non dibattuta nelle precedenti fasi di merito, è per certo deducibile in questa sede, non richiedendo nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto, nè implicando una modificazione dei termini della controversia attraverso la riconsiderazione degli aspetti fattuali della vertenza già valutati dai giudici del merito (cfr. Cass. n. 20005 del 2005;
n. 9812 del 2002, n. 3881 del 2000, n. 13256 del 1999, n. 6356 del 1996).
4. Tanto precisato osserva la Corte che il ricorso dell’INPS merita accoglimento per le seguenti considerazioni.
5. la L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 185 in deroga al regime di non cumulabilità di cui al successivo comma 189, ha previsto per i lavoratori privati in possesso dei requisiti di età e di contribuzione indicati nella tabella B allegata alla L. n. 335 del 1995 per l’accesso al pensionamento di anzianità, l’eccezionale – all’epoca – facoltà di acquisire il trattamento di pensione trasformando il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale e cumulando i benefici economici di quest’ultimo rapporto con il trattamento di pensione acquisito.
6. La disposizione di legge in esame stabilisce i criteri di cumulabilità come segue “.. l’importo della pensione è ridotto in misura inversamente proporzionale alla riduzione dell’orario normale di lavoro, riduzione comunque non superiore al 50%. La somma della pensione e della retribuzione non può in ogni caso superare l’ammontare della retribuzione spettante al lavoratore che, a parità di altre condizioni, presta la sua opera a tempo pieno”.
7. Il successivo comma 187 dello stesso art. 1 estende il beneficio del cumulo al personale delle amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 1, comma 2, demandando a un decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del tesoro, l’emanazione delle norme regolamentari necessarie per la definizione dei criteri e delle modalità applicative di quanto disposto al comma 185.
8. A tale disposizione di legge è stata data attuazione con l’adozione del D.M. 29 luglio 1997, n. 331.
9. Si vuoi sostenere dagli odierni controricorrenti che la norma di cui al comma 185 intende garantire ai lavoratori, che esercitino la ivi prevista opzione, la intangibilità della pensione nell’importo minimo del 50%, purchè (ultimo capoverso del comma 185) la somma tra pensione e retribuzione non superi l’ammontare della retribuzione spettante per il rapporto di lavoro a tempo pieno. Ma una simile interpretazione, che è la stessa cui è pervenuta la sentenza della Corte d’appello qui impugnata, non è consentita dal testo normativo, il quale, letto nel complesso delle sue articolazioni, con applicazione del criterio logico sistematico, mostra che il legislatore ha inteso riferire il limite della riduzione comunque non superiore al 50% non già all’importo della pensione, bensì alla misura dell’orario del rapporto di lavoro a tempo parziale.
10. Già questo intento è reso evidente dalla formulazione letterale del comma 185, dove l’indicata espressione segue immediatamente quella in cui la riduzione è esplicitamente riferita all’orario normale di lavoro che quindi, deve considerarsene l’oggetto.