Lavoro: dati Istat rivelano il tasso di irregolarità in Italia
Lavoro sommerso in Italia. Nel 2001-2005 è diminuito, secondo le
rilevazioni Istat del Rapporto di monitoraggio sulle politiche
occupazionali (settembre 2008) del ministero del Lavoro. Il numero
delle unità di lavoro irregolari nei cinque anni è calato da 3,2 a 2,9
milioni di unità. Scende così anche il tasso di irregolarità, cioè il
rapporto tra unità di lavoro irregolari e occupati complessivi: dal
13,8% al 12,1%. Un calo che riguarda soprattutto il lavoro dipendente,
dove si quantifica in una riduzione di 300 mila unità circa, da 2,6 a
2,3 milioni. È ipotizzabile che sul fenomeno abbia inciso la
possibilità di ricorrere alla più ampia tipologia di rapporti
contrattuali diffusasi nel periodo, superando un panorama
caratterizzato da eccessiva rigidità. Un’evoluzione che non poteva
riguardare anche il lavoro autonomo. Non a caso, tra i lavoratori
indipendenti, nello stesso lasso di tempo considerato, si è registrata
non una flessione ma addirittura una lieve crescita degli irregolari.
L’area dove si riscontra la maggiore incidenza di lavoro irregolare è
quella dei servizi, dove al 2005 le unità non a norma sarebbero circa
2,2 milioni. Assai più contenuto è il fenomeno in agricoltura e
nell’industria, dove le unità irregolari sarebbero rispettivamente 290
mila e 495 mila. Va però sottolineato come in agricoltura il tasso di
irregolarità tra 2001 e 2005 risulti in crescita, al contrario di
quanto accade per servizi e industria. Nell’industria in senso stretto
i comparti più colpiti dal sommerso e dalle irregolarità in genere sono
il tessile e abbigliamento (9,1%) e la lavorazione del legno (6,8%).
Nel settore delle costruzioni l’incidenza è di norma elevata, ma nel
quinquennio si è registrato un decremento dal 15,7 all’11,3%.
Rimarchevole la quota di irregolari nel terziario, maggire in
commercio, alberghi, pubblici esercizi, servizi di riparazione,
trasporti. L’incidenza supera il 50%, attestandosi al 53,4% per i
servizi domestici.