Le città all’esame dei redditi Dieci lombarde tra le prime
Un collage di mille fotogrammi ad alta risoluzione. Anzi,
ottomilacentouno, tanti quanti sono i campanili italiani. E non bisogna
lasciarsi tradire dalla prima sensazione – come quella che attraversa
chi guarda un’istantanea vista altre mille volte – alla lettura dei
redditi Irpef 2008. Perché dietro al quadro di un paese che conferma di
andare avanti a due velocità, da una parte il Nord, dall’altra il Sud
(si veda la cartina a fianco con le diverse intensità di colori che
“pesano” i capoluoghi), si nascondono anche sorprese.
Di certo, nella hit parade dei redditi medi per città, prima di
ritrovarsi al di sotto del Rubicone è necessario scendere di molte
posizioni: Fiesole, nel fiorentino, arriva 51 posti dopo Medea, in
provincia di Gorizia, che è prima assoluta con più di 54mila euro di
media a contribuente. Mentre Roma, in testa tra le metropoli del
Centro-Sud, costringe a spingersi fino al numero 108. Il divario con
Milano – al 17° posto nella graduatoria generale, ma in testa nella
classifica dei soli capoluoghi – è evidente: 24.500 euro contro 30mila.
Sono in Lombardia, peraltro, dieci città tra i primi venti
capoluoghi, praticamente tutte, tranne Cremona e Sondrio. I numeri dei
capoluoghi (si veda la tabella in alto a destra) confermano inoltre
l’eccezionalità, di questi tempi, della profezia sugli ultimi che
saranno i primi: le ultime province nate – ad esempio il Medio
Campidano della Sardegna, o Barletta-Andria-Trani in Puglia – sono
proprio nelle ultime posizioni. Il recordo del Sud e delle Isole spetta
invece al capoluogo sardo: Cagliari si colloca al 28° posto in
graduatoria con poco più di 22mila euro dichiarati di media, seguito da
Caserta (33°) con 21.760 euro.
I dati del ministero delle Finanze sulle dichiarazioni dei redditi
2008 forniscono la possibilità di guardare, all’interno delle singole
realtà, la distribuzione dei contribuenti in base al reddito. Così, ad
esempio, le città che hanno il numero più alto di residenti che
dichiarano oltre 100mila euro – classe massima censita – sono
esattamente quelle ai primi posti nella classifica dei capoluoghi. Le
prime dieci hanno tutte un numero di ricchi superiore al 2% del totale
dei propri contribuenti (a Milano, addirittura il 3,5 per cento).
Un’altra simulazione permette di affermare come, in linea generale, tra
il 2004 e il 2007, sia diminuito complessivamente il numero di
cittadini che dichiara fino a 10mila euro, mentre è aumentata la
percentuale di ricconi.
Ma, ci si chiede, è proprio questa la realtà? Come fa mezzo paese
ad andare avanti con livelli di reddito così bassi? «Le differenze
dipendono non solo dalla capacità di produrre redditi, ma anche dalla
fedeltà fiscale» fa notare Luca Ricolfi dell’osservatorio Nord-Ovest e
docente di Analisi dei dati all’università di Torino. L’articolazione
del quadro va oltre la distinzione Nord-Sud perché si possono
registrare variazioni significative in termini di mancata dichiarazione
anche all’interno di una stessa area geografica. Anche in chiave
federalismo fiscale, l’invito di Ricolfi è proprio di fare attenzione a
quale sarà il metro di misura utilizzato perché molto potrebbe cambiare
se si considera il gettito effettivo o quello potenziale.
«Ci sono indicazioni che sottolineano come l’evasione fiscale al
Sud sia più alta per Iva e Irap, probabilmente qualche ricaduta
potrebbe verificarsi anche per l’Irpef» è l’impressione di Massimo
Baldini, professore di Scienza delle finanze all’università di Modena.
Il divario che si legge dai numeri potrebbe non essere quello che si
registra nel quotidiano. «La distanza nei redditi medi tra regioni
settentrionali e meridionali – riflette ancora Baldini – è maggiore di
quella che si registra nei consumi. Questo dipende dagli effetti
redistributivi della spesa pubblica e dall’evasione fiscale».
Oltre i dati sui valori medi, ci sono realtà consolidatesi nel
tempo. Prendiamo, ad esempio, proprio le città del Sud. «Il valore
medio fotografa da un lato un divario di sviluppo – precisa Luca
Bianchi dello Svimez – in cui esiste una fortissima polarizzazione dei
redditi con diseguaglianze marcate». Allo stesso tempo, però, c’è anche
un altro lato della medaglia da considerare: «La media è portata in
basso da chi dichiara zero». In sostanza, l’evasione non è solo
quantitativamente, ma anche qualitativamente diversa. «Nel Mezzogiorno
esiste ancora una quota di evasori totali – aggiunge – perché ci sono
situazioni di sommerso che in alcuni casi possono coinvolgere tutta la
filiera produttiva». Attenzione, poi, a invocare il diverso impatto
della dinamica dei prezzi nei centri meridionali. «A un costo della
vita che può essere più basso al Sud – conclude Bianchi – fa da
controaltare un livello dei servizi erogati inferiore rispetto alle
altre aree. Questo significa che imprese e cittadini devono spendere
per potervi accedere».