Le conseguenze della mancata effettiva introduzione della merce nel deposito IVA
La Sezione Tributaria della Cassazione è intervenuta con una recente decisione sulle conseguenze della mancata effettiva introduzione della merce nel deposito I.V.A..
In tema di deposito I.V.A., il legislatore, a fine anno 2008, ha emanato il D.L. 185/2008 contenente una norma di interpretazione autentica dell’art. 50-bis c. 4 lett. h) del D.L. 331/1993. Come sovente accade, il testo utilizzato dalla disposizione – seppure chiaro – è stato oggetto di plurivoche interpretazioni, sia ad opera della dottrina sia della giurisprudenza di merito, che hanno snaturato il telos normativo.
Le modifiche introdotte ad opera dal D.L. cit. non sono idonee a determinare la “demolizione” del presupposto giuridico della “fisicità” del deposito I.V.A. e ciò contrariamente a quanto indicato da taluna giurisprudenza di merito riferibile, in massima parte, alla Commissione Tributaria Provinciale della Spezia.
A seguito delle modifiche introdotte dalla L. 2/2009, con cui è stato convertito in legge il D.L. 185/2008, ricadono nei benefici del deposito I.V.A. anche le (cfr. art. 50-bis c. 4 lett. h D.L. 331/1993) “le prestazioni di servizi [indicate nel c. 4 lett. h] relative a beni consegnati al depositario costituiscono ad ogni effetto introduzione nel deposito I.V.A.”.
E’ interessante fin d’ora sottolinare che, nonostante le modifiche introdotte (anche se – a rigore di termini – non si tratta di modifiche ma di interpretazione autentica e come tale applicabile ex tunc ai rapporti giuridici medio tempore insorti), il legislatore non ha in alcun modo inciso sugli altri presupposti – espressamente previsti o comunque sottesi dall’art. 50-bis cit. – richiesti per il legittimo utilizzo del regime del deposito I.V.A..
Ancora, dal tenore letterale della novella emerge in modo lampante come il legislatore non abbia in alcun modo voluto incidere sul momento “iniziale” dello specifico regime tributario (ossia l’introduzione in deposito vera e propria), ma unicamente concedere specifiche agevolazioni al fine di consentire l’effettuazione di talune attività – necessariamente successive all’introduzione in deposito – al di fuori dei locali del medesimo.
La prima giurisprudenza di merito, principalmente riferibile – come detto – alla Commissione Tributaria Provinciale della Spezia, è risultata però di contrario avviso.
Detta Commissione, infatti, con sentenza n. 292/4/09 del 27/10/2009, resa in causa SPETER S.p.A. c. Ufficio delle Dogane della Spezia, ha deciso che: “L’art. 16, comma 5-bis, della Legge 28/01/09, n. 2, di conversione, con modificazioni, del D.L. 29/11/08, n. 185 ha stabilito che la lettera h) del comma 4 dell’ari. 50 bis del D.L. 30/08/93, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla Legge 29/10/93, n. 427 si interpreta nel senso che <le prestazioni di servizi ivi indicate, relative a beni consegnati al depositario, costituiscono ad ogni effetto introduzione nel deposito IVA>. La stessa Agenzia delle Dogane, con circolare prot. n. 22321 R.U. del 24/02/09, ha precisato che le suddette operazioni di servizi costituiscono, ad ogni effetto, introduzione nel deposito IVA anche se effettuate negli spazi limitrofi o adiacenti il deposito stesso. Ne consegue che le prestazioni di servizi consistenti, come definite nella relazione illustrativa all’intervento interpretativo del legislatore, <in manipolazioni semplici, quali verifica e rimozione dei sigilli, verifica sommaria della mercé, riscontro con il documento doganale, presa in carico, registrazioni contabili e fiscali tra cui l’acquisizione dell’autofattura o altra documentazione per l’estrazione dal deposito e la consegna all’importatore>, rese in luoghi limitrofi ovvero adiacenti al deposito IVA, soddisfano sia la nozione di <introduzione in deposito> sia la connessa nozione giuridica di deposito”.
Contrario, però, il recente avviso della Suprema Cassazione – Sezione Tributaria, la quale, con sentenza n. 12262/10 del 15 aprile 2010, ha avuto modo di chiarire – cosa peraltro evidente – come lo ius seperveniens “non interferisce sulla necessaria introduzione e ciò è deducibile anche dalla lettura della norma che si riferisce ai bei <consegnati> al depositario, ove il termine consegna non può ritenersi diverso da quello di <introduzione nel deposito>; pertanto, anche a voler ritenere che in locali limitrofi possano eseguirsi attività accessorie di manipolazione delle merci, ciò non può incidere negativamente sull’introduzione ormai avvenuta o consentire una lettura contraria alle precise regole dettate dalla normativa”.
La Cassazione, pertanto, ha ribadito – ed altrimenti non poteva essere, visto il chiaro dettato della norma – la perduranza del requisito dell’introduzione FISICA nel deposito I.V.A. (per lo meno nella sua fase iniziale) ai fini dell’effettivo utilizzo del regime, conseguentemente dichiarando la perdurante illegittimità del c.d. deposito virtuale.