Le obbligazioni Parmalat prive di rating possiedono natura speculativa Tribunale Bari, sez. II civile, sentenza 25.09.2009 n° 2927
Le obbligazioni sottoscritte prive di “rating” si devono considerare
come titolo speculativo, in quanto non adatte al profilo di rischio
dell’investitore. Lo ha deciso il Tribunale di Bari, con la sentenza n.
2927 del 2010, con la quale viene condannato un istituto di credito al
risarcimento dei danni subiti dal cliente, quantificati nell’intero
ammontare del capitale investito, oltre agli interessi legali calcolati
dal giorno dell’investimento.
La fattispecie
Tizio, privo di una particolare esperienza e cultura finanziaria, nell’aprile del 2002, acquistava obbligazioni “Parmalat Finance Corporation BV”
per il controvalore di euro 51.600. Al momento della sottoscrizione,
l’istituto di credito dichiarò al cliente che le obbligazioni Parmalat
offrivano rendimenti superiori ai BOT, che l’azienda emittente era
sicura, sebbene si trattasse di un investimento vincolante per la
durata di sette anni, che tali obbligazioni, a differenza delle azioni,
non erano rischiose e che la riscossione del capitale era garantita.
Ritenendo
tali dichiarazioni non rispondenti al vero ed in considerazione del
fatto che le obbligazioni sottoscritte erano prive di rating,
l’investitore agiva in giudizio contro la Banca chiedendo la
restituzione integrale del capitale investito; l’operazione di acquisto
dei titoli risultava essere, secondo il ricorrente, commessa in
violazione degli artt. 21, d.lgs. 58 del 1998 e 28, 29 del Regolamento
Consob n. 11522 del 1998, perché inadempiente agli obblighi di
informazione, buona fede contrattuale e precontrattuale e diligenza.
L’investimento speculativo quale fonte di responsabilità contrattuale e precontrattuale
L’art.
21, primo comma, del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 dispone che nella
prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti
abilitati devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e
trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati;
b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo
che essi siano sempre adeguatamente informati; c) organizzarsi in modo
tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in
situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai
clienti trasparenza ed equo trattamento; d) disporre di risorse e
procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare
l’efficiente svolgimento dei servizi; e) svolgere una gestione
indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare
i diritti dei clienti sui beni affidati.
Dal combinato
disposto degli artt. 28 e 29 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998
si evince che prima di procedere alla stipulazione di un contratto di
gestione e consulenza in materia di investimenti, e dell’inizio della
prestazione dei servizi di investimento e dei servizi accessori a
questi collegati, gli intermediari autorizzati debbano, fra l’altro,
chiedere all’investitore notizie in merito alla propria esperienza in
materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione
finanziaria, gli obiettivi di investimento, e la sua propensione al
rischio. Gli intermediari autorizzati, continua la normativa, “non
possono effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di
gestione se non dopo aver fornito all’investitore informazioni adeguate
sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica
operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per
effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento”.
Infine,
l’ultimo comma dell’art. 29 afferma che “Gli intermediari autorizzati,
quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una
operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle
ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. Qualora
l’investitore intenda comunque dare corso all’operazione, gli
intermediari autorizzati possono eseguire l’operazione stessa solo
sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di
ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto
equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze
ricevute”.
Secondo l’orientamento fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità (SS.UU. 26724/2007) e richiamato dal Tribunale di Bari nella pronuncia in commento, “in
tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di
informazione e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge
pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di
investimento finanziario, da luogo a responsabilità precontrattuale,
con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase
antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di
intermediazione, destinato a regolare i successivi rapporti fra le parti (c.d. contratto quadro)”.
Può dare luogo a responsabilità contrattuale, continua la Suprema Corte, “ed
eventualmente condurre alla risoluzione del contratto suddetto, ove si
tratti di violazioni riguardanti le operazioni di investimento o
disinvestimento compiute in esecuzione del contratto quadro; in
ogni caso deve escludersi che, mancando una esplicita previsione
normativa, la violazione dei menzionati doveri di comportamento possa
determinare, a norma dell’art. 1418 c.c., la nullità del c.d. contratto
quadro o dei singoli atti posti in essere in base ad esso”.
Tornando
al caso di specie, secondo il Tribunale, sussiste inadempimento
colpevole dell’istituto bancario, in relazione al dovere di
informazione attiva, contemplato dall’art. 21, lett. b), d.lgs.
58/1998, nonché all’obbligo di astensione dall’esecuzione di operazione
non adeguata, previsto dall’art. 29 del Regolamento Consob.
Tribunale di Bari
Sezione II Civile
Sentenza 6 ottobre 2009, n. 2927
…omissis…
…che
la misura effettiva degli interessi si adegua continuamente alle
condizioni di mercato attraverso variazioni del prezzo dei titoli
stessi”.
Se dunque il connubio maggiore redditività – maggiore
rischio di rimborso fosse stato ben illustrato al **** questi,
aspirando alla sicura riscossione del capitale e constatando la
maggiore remunerativita dei titolo parmalat, indicativa della maggiore
rischiosità, avrebbe compreso la non rispondenza della scelta alle sue
aspettative.
Il **** ha infatti ha acquistato obbligazioni
emesse da una società olandese del gruppo Parmalat, collegata alla
società italiana.
All’atto dell’emissione dei titoli sul mercato
primario gli stessi sono stati sottoscritti esclusivamente da
investitori istituzionali e solo successivamente i titoli sono stati
oggetto di negoziazione fra la banca ed il cliente, che li ha
conseguentemente acquistati sul mercato secondario.
Le gravissime irregolarità di bilancio sono emerse, com’è noto, nelle ultime settimane del 2003.
Nell’aprile
2002, data di esecuzione dell’operazione, le obbligazioni Parmalat
avevano i rating riportati negli allegati a) e b) dell’indagine
conoscitiva delle Commissioni riunite della Camera dei Deputati e del
Senato (doc. 6 della **** ed il titolo acquistato dal **** era privo di
rating.
L’investimento aveva quindi natura speculativa e non era pertanto adatto al profilo di rischio del ****.
Quanto
agli obblighi previsti dal Tuf e dai Regolamento Consob richiamati
dall’attore, secondo le S.U. della Suprema Corte, “in tema di
intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione e
di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei
soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento
finanziario.- da luogo a responsabilità precontrattuale, con
conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase
antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di
intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le partì
(ed. “contratto quadro”, il qua le, per taluni aspetti, può essere
accostato alla figura del , mandato); può dar luogo, invece, a
responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione
del contratto suddetto, ove si tratti di violazioni riguardanti le
operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del
“contratto quadro”; in ogni caso deve escludersi che,= mancando una
esplicita previsione normativa, la violazione dei menzionati doveri di
comportamento possa determinare, a norma dell’art.1418, primo comma,
ce, la nullità dei cosiddetto “contratto quadro” o dei singoli atti
negoziali posti in essere in base ad esso” { cfr. Cass. S.U. n.
26724/2007).
Nel caso di specie ricorre inadempimento colpevole
dell’istituto bancario, del quale la Banca **** è responsabile per i
rilievi innanzi svolti, in relazione al dovere di informazione attiva,
previsto dall’art. 21, lett.b) del d.l.vo n.58/’98., nonché all’obbligo
di astensione dall’esecuzione di operazione non adeguata, previsto
dall’art.29 del regolamento Consob.
Tali rilievi giustificano
l’accoglimento delle domande subordinate di declaratoria dì
inadempimento e di condanna della Banca ****, previa restituzione dei
titoli, al risarcimento dei danni, quantificati in € 51.600,00, importo
corrispondente alla somma – investita,dalla quale vanno decurtate le
cedole riscosse, oltre agli interessi legali dal 23/4/2002 al soddisfo.
Non eccedendo l’indice di svalutazione monetaria il tasso degli interessi legali del periodo null’altro compete a titolo
risarcitorio.
Quanto
alla domanda di garanzia, spiegata anche in via riconvenzionale, dalla
**** verso la ****, l’eccezione di arbitrato è fondata.
L’art.
23 del contratto di cessione dispone che “le eventuali divergenze
sull’interpretazione e esecuzione dei contratto” siano devolute alla
cognizione di un collegio arbitrale che giudicherà secondo diritto in
via rituale.
La domanda diretta pertanto all’accertamento
dell’efficacia nella controversia in oggetto – della garanzia prevista
nel contratto di cessione è sottratta alla cognizione del giudice
ordinaria e rimessa a collegio arbitrale, così come stabilito dalle
parti, nell’ambito della loro autonomia negoziale.
La richiesta quindi va rigettata (la questione non attiene infatti alla competenza in senso tecnico ma al merito).
Le spese processuali, infine, sono regolamentate secondo il principio della soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo.
P.T.M.
Il
Tribunale, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando
sulla domanda proposta con atto di citazione notificato l’8.5.2006 da
**** nei confronti della banca **** e della **** nonché sulla domanda
proposta dalla ***** verso la ****, così provvede:
accoglie
la domanda del **** verso la **** e, per l’effetto, condanna
quest’ultima al pagamento della somma di € 51.600,00, da decurtare
dell’ammontare delle cedole riscosse, oltre agli interessi legali dal
23/4/2002 al soddisfo;
rigetta la domanda del **** e della banca **** verso la banca ****;
condanna
la banca **** al pagamento delle spese di lite sostenute dall’attore,
liquidate complessivamente in € 4.386,76 (€ 386,76 per borsuali, €
1.500,00 per diritti, € 2.500,00 per onorario), oltre spese generali,
nonché CAP ed IVA se e come per legge;
condanna
l’attore e la banca in solido al pagamento delle spese di lite
sostenute dalla banca **** liquidate complessivamente in € 4.000,00 (€
1.500,00 per diritti, € 2.500,00 per onorario), oltre spese generali,
nonché CAP ed IVA se e come per legge.
Bari, 25.9.2009.
Depositata in cancelleria il 6 ottobre 2009.