LE TRAPPOLE DEL DECRETO BANCHE – ECCO COME DIFENDERSI
Pur contestato da più parti, è stato appena varato il cosiddetto DECRETO BANCHE, vale a dire il decreto legge 59 del 3 maggio 2016. Un provvedimento che, se i consumatori non attivano le dovute cautele, potrà avere effetti deleteri per i clienti degli istituti, in particolare per le piccole e medie imprese. Vediamo allora quali sono le “trappole” e come difendersi, ricordando preliminarmente che il Decreto non ha valore retroattivo. vale quindi solo per le situazioni da oggi in poi e non, come pure qualcuno voleva ipotizzare, per il passato.
TRAPPOLA NUMERO UNO: L’esproprio degli immobili
Il Decreto prevede l’esproprio più facile per gli immobili dati in garanzia dalle imprese (eccetto la prima casa): basterà inserirlo nel contatto del fido e la banca potrà procedere direttamente in caso di insolvenza, senza nemmeno passare davanti al giudice. Passati sei mesi, dopo tre rate mensili non pagate, anche non consecutive, o una sola se le scadenze sono più lunghe, l’istituto di credito potrà espropriare l’immobile. A stimare il bene sarà un perito del tribunale, che ne determinerà il valore, e il debitore non potrà contestare tale stima se non con un lungo e defatigante giudizio separato. Attenzione: benché tali norme capestro abbiano, come abbiamo detto, solo valore retroattivo, molti istituti cercheranno di inserire la garanzia di un immobile anche nei contratti già in essere. Indispensabile perciò aprire gli occhi prima di firmare.
TRAPPOLA NUMERO DUE: il “pegno mobiliare non possessorio”
E’ un pegno che l’istituto potrà fare sui beni mobili dell’azienda a garanzia del prestito. L’imprenditore potrà continuare ad utilizzarli, anche se inadempiente, ma solo fino a quando la banca non farà scattare il suo diritto. In sostanza l’istituto di credito ha d’ora in poi la facoltà di mettere le mani su parti vitali dell’impresa, a cominciare dal magazzino e/o di altri beni della società, che potranno essere richiesti a garanzia di ulteriori finanziamenti. «Una prassi – avverte il presidente di noiconsumatori.it Angelo Pisani – che sarà applicata dalle banche ad esempio per concedere gli anticipi su fatture, vale a dire le forme di credito comunemente più richieste e indispensabili per mandare avanti le aziende, viste soprattutto le eterne lentezze nei pagamenti da parte delle Pubbliche amministrazioni».
TRAPPOLA NUMERO TRE: il fattore tempo
Sostanzialmente il Decreto taglia anche i tempi concessi al debitore per opporsi alle esecuzioni forzate. Per fare un solo esempio: tutti i decreti ingiuntivi diventano automaticamente esecutivi. Alla banca basterà notificare l’atto per mandare l’ufficiale giudiziario o, in caso di un immobile, chiederne l’assegnazione e cederlo a terzi. «Regole assurde al limite della incostituzionalità – tuona Pisani – che negano le più elementari tutele del diritto e che perciò saranno da noi contestate in tutte le sedi: se necessario, anche dinanzi alla Consulta!». A sconcertare è soprattutto la miope visione che con un simile Decreto mostra di avere il Governo: mettendo in ginocchio la spina dorsale produttiva, cioè le piccole e medie imprese, sempre più schiave delle banche, si mandano all’aria migliaia e migliaia di posti di lavoro.
Le banche, secondo il Governo, diventano insomma creditori di serie A e va a farsi friggere anche lo storico favor debitoris che ha rappresentato finora un principio generale del diritto civile a tutela di tutti gli italiani, e non solo degli imprenditori.