Le visite fiscali sui dipendenti pubblici non devono gravare sulle ASL
(Corte Costituzionale, Sentenza 10 giugno 2010, n.207)
Secondo la Consulta “il comma 5-bis dell’art. 71 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, il quale dispone che le visite fiscali sul personale dipendente delle pubbliche amministrazioni rientrano tra i compiti istituzionali del servizio sanitario nazionale e che i relativi oneri sono a carico delle aziende sanitarie, non è ascrivibile ad alcun titolo di competenza legislativa esclusiva dello Stato e, trattandosi di normativa di dettaglio in materia di «tutela della salute», si pone in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., mentre il comma 5-ter, che vincola una quota delle risorse per il finanziamento del servizio sanitario nazionale, destinandole a sostenere il costo di una prestazione che non può essere qualificata come livello essenziale di assistenza, si pone in contrasto con l’art. 119 Cost., ledendo l’autonomia finanziaria delle Regioni”.
In particolare, secondo la Corte Costituzionale: “Le norme in esame, dunque, devono essere correttamente ricondotte alla materia di competenza legislativa concorrente della «tutela della salute» (art. 117, terzo comma, della Costituzione) che, come la Corte ha più volte ribadito, è «assai più ampia» rispetto a quella precedente dell’«assistenza ospedaliera» (sentenze n. 134 del 2006 e n. 270 del 2005), ed esprime «l’intento di una più netta distinzione fra la competenza regionale a legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata alla determinazione dei principi fondamentali della disciplina» (sentenza n. 162 del 2007). Infatti, la disciplina degli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti per malattia, anche se viene attivata per soddisfare l’interesse del datore di lavoro volto a controllare e verificare la regolarità e legittimità dell’assenza per malattia del lavoratore, viene altresì a configurare una prestazione di tipo sanitario che si sostanzia, quanto meno, in una diagnosi sulla salute del lavoratore conforme o difforme rispetto a quella effettuata dal medico curante o alla condizione denunciata dal lavoratore e che può anche determinare l’adozione di misure che eccedono la persona del dipendente, qualora l’accertamento evidenzi patologie che presentino rischi di contagio. Inoltre, questa Corte ha più volte affermato che le norme che disciplinano gli aspetti organizzativi dell’attività sanitaria vanno anch’esse ricondotte alla materia della tutela della salute, quando sono idonee ad incidere sulla salute dei cittadini, costituendo le modalità di organizzazione del servizio sanitario la cornice funzionale ed operativa che garantisce la qualità e l’adeguatezza delle prestazioni erogate (sentenza n. 181 del 2006)”.
In conclusione: “Nel caso in questione, risulta evidente la stretta inerenza che tutte le norme de quibus presentano con l’organizzazione del servizio sanitario e con il relativo finanziamento, tenendo, tra l’altro, conto che è stato legislativamente previsto che tale tipo di prestazioni possa essere effettuato solo mediante le aziende sanitarie locali”.