Lecito il potere di controllo sul lavoratore con GPS
Il datore di lavoro può legittimamente licenziare il dipendente smascherato dal Gps a
non fare il suo lavoro. Lo ha stabilito la sentenza della Cassazione numerto 20440/15, pubblicata
dalla sezione lavoro il 12 ottobre scorso.
Secondo la Suprema Corte, infatti, il datore di lavoro può legittimamente esercitare, anche con l’uso del Gps, il potere di controllo sull’operato del dipendente al di fuori dei locali aziendali. Da qui discende la liceità del successivo licenziamento.
Attraverso la sentenza del 12 ottobre scorso, insomma, gli ermellini respingono il ricorso di un lavoratore che era stato assunto come coordinatore di addetti alla nettezza
urbana. L’azienda lo accusava di essersi allontanato dalla sede
aziendale in orario lavorativo e di trattenersi al bar «per conversare, ridere
o scherzare coi colleghi». Per questi motivi era stato licenziato.
La Cassazione chiarisce inoltre che è lecito il controllo
svolto dal datore di lavoro non solo attraverso l’uso dello strumento localizzatore (Gps), ma anche se esercitato tramite guardie giurate o
con investigatori privati. Scrivono infatti su questo punto gli ermellini che gli articoli 2, 3 e 4 dello Statuto dei lavoratori «impongono modi
d’impiego, da parte del datore di lavoro, delle guardie giurate, del personale
di vigilanza e di impianti ed attrezzature per il controllo a distanza. I
relativi divieti riguardano il controllo sui modi di adempimento
dell’obbligazione lavorativa ma non anche comportamenti del lavoratore lesivi
del patrimonio e dell’immagine aziendale. Non sono perciò vietati i cosiddetti
controlli difensivi, intesi a rilevare mancanze specifiche e comportamenti
estranei alla normale attività lavorativa nonché illeciti».