LECITO SCREDITARE IL PROPRIO CREDITORE SU FACEBOOK SE I FATTI SONO VERI
Attraverso due distinte ordinanze, una n sede cautelare e la successiva in sede di reclamo, il Tribunale di Roma ha stabilito che la divulgazione di notizie o
commenti lesivi alla reputazione di un cliente moroso può considerarsi lecita e
legittima, sempre che ricorrano i requisiti della verità dei fatti esposti e sempre che il
cliente non sia riuscito a provare in cosa sarebbero concretamente consistiti i danni
all’onore e al decoro personale che sosteneva di aver subito.
Il fatto. Una società si era rivolta al
Tribunale di Roma chiedendo di inibire la diffusione di contenuti ritenuti diffamatori ed
offensivi della propria reputazione commerciale e di rimuovere il post presente sulla pagina Facebook della controparte. Con una prima ordinanza tale richiesta veniva rigettata.
La società dichiarava che il rapporto commerciale
tra le parti prevedeva la prestazione di un servizio pubblicitario al fine di
promuovere i servizi comparativi della società a fronte di un corrispettivo per
ogni preventivo salvato dal cliente; che il rapporto commerciale era entrato in
una fase di criticità in quanto la partnership non aveva condotto ai ricavi
sperati, a tal punto che la controparte aveva divulgato, all’interno di diversi
social network e blog, alcuni post volti a diffamare l’azienda con informazioni
non veritiere e lesive dell’immagine della società per tentare una più rapida
azione di recupero crediti.
In sede di reclamo il Tribunale di Roma (prima Sezione Civile, Ordinanza 1 luglio 2015, n. 13275) ha stabilito che il provvedimento impugnato deve
essere confermato, in quanto «le dichiarazioni censurate costituiscono
espressione del diritto di libera manifestazione del pensiero, sancito
dall’articolo 21 della Costituzione, rappresentando espressione del legittimo
diritto di cronaca e critica».
Inoltre, afferma il Collegio, «affinché la divulgazione di notizie o commenti
lesivi dell’onere e della reputazione di terzi possano considerarsi lecito
esercizio del diritto di cronaca/critica, devono ricorrere le condizioni della
verità dei fatti esposti». In sostanza, per i giudici capitolini, «è emersa la verità della notizia, che consiste nell’inadempimento della
società reclamante all’obbligo di pagamento nei confronti della controparte
derivante dal rapporto commerciale intercorrente tra le parti».