Legge 54, separazione: i figli devono essere affidati ad entrambi i genitori, senza visite e assegni di mantenimento
La legge n.54 prevede che in caso di separazione di coniugi (o conviventi) i figli debbano essere sotto tutela di entrambi i genitori. Per tutela si intenda tutela affettiva, sociale e anche economica. Insomma: nessun assegno di mantenimento da parte di un solo coniuge, spesso il padre, e nessuna visita ai figli ad orari stabiliti, in casa della madre dove spesso crescono i figli, poiché affidati dai giudici al genitore ‘più prossimo’, per così dire, la madre. Secondo la legge n. 54 i figli devono vivere con entrambi i genitori, avere, insomma, due ‘case’; ciascun genitore deve provvedere direttamente (e senza assegni o rimborsi) ai propri figli, comprando loro ciò di cui hanno bisogno: alimenti, vestiario, libri per la scuola, etc., non sono previste visite ad orari, ma i figli devono trascorrere lo stesso numero di ore sia col padre che con la madre.
Questa è la teoria. ma in pratica quasi nessun giudice applica la legge, in quanto spesso i figli sono affidati alla madre, facendo corrispondere un assegno di mantenimento mensile per la ex consorte e i figli. Un assegno che sembra sostituire il tempo, l’affetto e la responsabilità del padre. Se da un lato, ci sono padri che un po’ per lavoro, un po’ per mancanza di tempo libero, accettano in maniera positiva la decisione del Tribunale, ovvero di rispettare i giorni di visita ed erogare un asssegno mensile, dall’altro ci sono padri che, invece, non vivono in maniera serena la situazione, chiedendo il motivo per cui non venga applicata la legge 54.
Tutto ciò potrebbe significare che ci troviamo di fronte ad una società che non è ancora pronta a
riconoscere l’uguaglianza dell’uomo e della donna in relazione alla
crescita dei figli e che mostra diffidenza verso la figura paterna, non idonea alla crescita dei figli. D’altro canto, il fatto che un figlio debba vivere in due ‘spazi’ diversi, ovvero spazi di crescita in termini di istruzione, di
socializzazione, di svolgimento di attività ludiche o sportive, etc., potrebbe anche costituire un
handicap per il figlio, che si trova ‘confuso’ e ‘frastornato’ nella sua ‘duplice esistenza’. Ecco, forse, perchè i giudici sono restii ad applicare la legge n. 54.